martedì 6 luglio 2021

Lu pastureddu - idillio

 

Questo Idillio

Lu pastureddu

Il pastorello

di Giovanni Meli

è stato trovato postumo

dallo studioso di Meli,

Edoardo Alfano,

che lo aggiunse come 

Idillio XI della Bucolica nella

edizione del 1914 - nel volume PUISII di L'Abbati Meli - 1914 - Palermo - editore Piazza.

Per completezza abbiamo voluto inserire in questa Bucolica online anche quest'idillio come parte aggiuntiva, evidenziando che La BUCCOLICA di Giovanni Meli,  edita a cura dell'autore del 1814 si concludeva con la parafrasi di Orazio

EPODON LIBER ODE II – PARAFRASI in Siciliano di Giovanni Meli

Tutte le parti della Bucolica li trovate su:

LA BUCOLICA di G. Meli INDICE PARTI

IDILLIO XI

 

LU PASTUREDDU(1)                      IL PASTORELLO

 

Acqua, friddu, e nivi e trona, e lampi             Accua, freddo, e neve e tuoni, e lampi

Purtavanu tirruri ‘na nuttata;                          portavano terrore una nottata;

Fratantu un pastureddu facia vampi              intanto un pastorello faceva fiamme

Dintra di ‘na gruttazza  squatraciata,(2)         dentro di una larga grottaccia,

E li vacchi, li jenchi , e li jnizzi                           e le vacche, le giovenche, e i vitelli

Javanu sciami-sciami smannatizzi.                  andavano a gruppi errabondi.

 

‘Ntra li silenzi muti, e chiù prufunni                  tra i silenzi muti,  e più profondi

Si senti ‘ntantu –‘ntantu di luntanu                   si sente intanto-intanto di lontano

Mugghiari qualchi vacca ch’arrispunni            muggire qualche vacca che risponde

A la jnizza spersa ‘ntra lu chianu;                      alla giovenca spersa nel piano;

Si senti ‘ntra lu stagnu la giurana                       si senti tra lo stagno la rana

Che si pigghia la bedda friscanzana.                  che si prende il suo bel fresco.

 

L’acqua pisuli-pisuli chiuvia,                                Pioveva acqua a catinelle,

Scinneva di lu munti a la ciumara;                      scendeva dal monte alla fiumara;

E comu agghiorna e spacca la chiaria                e appena è giorno e brilla il chiarore

Si vidi ‘ntra li campi para-para                             si vede tra i campi fitta-fitta

La nivi chi l’irvuzzi à vurvicati                              la neve che l’erbette ha seppellito

E li muntagni tutti à abbianchiati.                       E le montagne tutte ha imbiancato.

 

Di la grutta lu nicu pastureddu                           Dalla grotta il piccolo pastorello

Nesci ‘ngriddutu, metti arrampicari,                 esce intirizzito, si mette ad arrampicare,

Nivi e critazzi cerca di scampari,                         neve e fango cerca di scampare,

E ‘ntra pinnini, sdirubbi, e lavanchi                    e tra pendii, dirupi e burroni

Trova l’armenti pri la nivi bianchi.                      trova gli armenti per la neve bianchi.            

 

E lu mischinu tuttu affacinnatu                      E il poverino tutto affannato

Curri , e di cca e ddà  li va cacciannu             corre, e di qua e là li va cacciando

Ad una ad una  dintra di lu pratu;                 ad una ad una dentro il prato;

A la vacca chi java sciamiannu                        alla vacca che andava passeggiano

Curri… ci frisca, e vidennu ca torna,              corre… fischia, e vedendo che torna,

cu ‘na petra la ‘nzerta ‘ntra li corna.             con una pietra la centra tra le corna.

 

Ddà supra la muntagna a pasculari                  Là sopra la montagna a pascolare

L’armenti già ‘ntra d’iddi su’ ghiunciuti,         gli armenti già sono tra loro uniti,

Li jinizzeddi mettinu a addattari,                     i vitellini si mettono ad allattare,

Pirchì la notti s’eranu spirduti                          poiché la notte s’erano perduti

Lu pastureddu li testi cuntau                            il pastorello le teste contò

Pri bona sorti giusti l’attruvau;                          per buona sorte giusti li trovò;

 

Straccu supra d’un vausu si sidiu                        Stanco sopra d’un balzo si sedette

Suttu un peri di olivu saracinu,                           sotto un piede di olivo saraceno,

E mentri ripusava s’accorgiu                               e mentre riposava si accorse

Ddà sutta la muntagna chiù  appinninu           da sotto la montagna  più giù

Chi ‘na picciotta fora la capanna                       che una giovane fuori della capanna

Cacciava l’innieddi cu ‘na canna.                       cacciava i vitelli con una canna.

 

Avia ‘ntesta ‘na pagghia sgherra-sgherra        Aveva in testa una paglia bizzarra

E lu vrazzu purtava un panareddu,                  e al braccio portava un cestino,

E camminava cu l’ucchiuzzi ‘nterra                  e camminava con gli occhietti a terra

Cerca truvari qualchi attupateddu; (3)          cerca trovare qualche funghetto;

Camina, e caminannu-caminannu                   cammina, e camminando - camminando

‘Ntra ddi critazzi jia rapucciannu.                    tra quei fanghi cretosi  andava con difficoltà.

 

Lu pasturi, si susi, e la talia                               Il pastore, si alza, e la guarda

Cu l’occhi veramenti di lu cori                         con gli occhi veramente del cuore

Vidi dda gioia bedda, dda musia,                   vede quella gioia bella, quell’espressione,

Dda facci aggraziata allegra-cori                    quella faccia aggraziata allegra- cuore

E mentri c’è appizzatu comu zicca,                e mente ci sta attaccato come zecca

Amuri ‘ntra l’armuzza si ci ficca.                    Amuri nell’animucci gli si ficca.

 

La pasturedda si va alluntanannu,                    La pastorella si va allontanando,

L’accumpagna cu l’occhi, e lu mischinu          l’accompagna con gli occhi, e il poverino

‘mpunta di pedi si va sullivannu                      in punta di piedi si va sollevando

Frattantu chidda fa lu so caminu,                   frattanto quella fa il suo cammino,

Ma chi cuteddu, oh Diu! pri lu so cori;          ma che coltello, oh Dio! per il suo cuore;

Persi di vista la sua bedda Clori.                     perse di vista la sua bella Clori.

 

Scunsulati s’assetta ‘ntra un pitruni              Sconsolato si siede su un pietrone

E stetti ‘ngrunnatizzu ‘na jurnata:                e stette ingrugnato una giornata:

L’occhi ci vannu comu un lucirtuni,              gli occhi gli vanno come una lucertola,

Ogni caminu guarda ed ogni strata              ogni cammino guarda ed ogni strada

Ed ogni umbra ci pari chi già veni                ed ogni ombra gli pare che già viene    

La pasturedda sua, l’amatu beni.                 la pastorella sua, l’amato bene.

 

Stava lu puvireddu pinzirusu                             Stava il poverino pensieroso

Pareva un cuccu vecchiu cu la giubba,           sembrava un gufo vecchio con la giubba,

Ma poi attenta, pirchì un pocu ‘nghiusu       ma poi si attenta, perché un po’ in giù

Sinteva  ‘na vucidda cubba-cubba,                  sentiva una vocetta appena – appena,

Eccu chi va circannu, e a la vaddata                ecco chi va cercando, e alla vallata

Trova la Clori sua bedda assittata.                  trova la Clori sua bella seduta.

 

Era misa a lu latu d’un ruccuni                         Era messa al lato di una roccia

Cu l’jnnieddi tutti pri davanti,                         con i vitelli tutti per davanti,

Ed appuiata supra lu vastuni,                           ed appoggiata ad un bastone,

C’un babbaluciu joca ‘ntra stu stanti,             gioca con una lumaca in quell’istante,

Dicennuci cu spissi cantileni:                           dicendole con spesse cantilene:

“Nesci li corna ca la mamma veni”.               “esci le corna che la mamma viene”.

 

Comu lu rusignolu, chi sintennu                  Come un usignolo, che sentendo

La vuci di la spersa sua cumpagna               la voce della persa sua compagna

Vola di cca e di ddà , va riscirennu              vola di qua e di là, va rovistando

Di rocca in rocca tutta la muntagna,           di rocca in rocca tutta la montagna,

E truvannula, oh! Diu! quali alligrizza         e trovandola, oh Diu! quale allegrezza

Chi cu canti amurusi si c’indirizza,               che  canti amorosi  a lei indirizza,

 

Cussì lu pastureddu ‘nnammuratu                           così il pastorello innammorato

Scinni ddi rocchi quasi arruzzuluni,                          scende quelle rocce quasi a ruzzolone,

Quannu a certa distanza fu arrivatu                        quando a certa distanza fu arrivato

S’assetta, e accorda un flautu ‘ntra un pitruni       si siede, e accorda un lauto in un pietrone

‘Ntra  mentri la sua bedda si n’adduna                   nel mentre la sua bella se ne accorge

Duci-duci ci canta sta canzuna:                                e dolcemente canta questa canzone:

 

     Tirsi canta                                                 Tirsi canta

 

Vju Amuri, o Clori bedda                                     Vedo Amore, o Clori bella

‘Ntra ss’ucchiuzzi aggraziati                              tra questi occhietti aggraziati

Chi tu teni a pampinedda                                  che tu tieni socchiusi

Mudistissimi calati;                                             modestissimi abbassati;

 

E lu viju d’una ‘ngagghidda                                e lo vedo da una frangia

Di ssi biunni pinnulara,                                       di questi biondi capelli,

Chi darreri la pupidda                                          che dietro la pupilla

Marolu s’arripara.                                                furbetta si ripara.

 

Cu li manu, e cu l’aluzzi                                  Con le mani, e con le alette

Già si cerca d’ammucciari;                              già si cerca di nascondere;

Clori mia, isa ss’ucchiuzzi                           Clori mia, altra quest’occhietti

Lassamilli taliari!                                          Lasciameli guardare!

 

 La pasturedda a stu’ultimi paroli                      La pastorella a quest’ultime parole

Ci acchiana ‘na quarana, e cu la manu              le sale una vampata, e con la mano

S’ammuccia l’occhi beddi marioli,                     nasconde gli occhi belli e vispi,

Poi caccia l’jinnieddi ammanu ammanu,          poi caccia i vitelli a poco a poco,

Camina, e mentri già si ni sta ghiennu,           cammina, e mentre già se ne sta andando,

Sutt’occhiu; mariola, va ridennu.                      sott’occhi; furbetta, va ridendo.

 

Lu Tempu s’avia misu a tramutari,                      Il tempo si era messo a cambiare,

Negghi supra negghi ammunziddanu,               nebbie sopra nebbie si ammucchiano,

Sciuscia lu ventu e metti a sbrizziari,                 soffia il vento e si mette a pioggerellare,

Li trona ‘ntra ddi munti arrimbummavanu,      i tuoni tra quei monti rimbombavano,

lu pasturi curriu a lu pagghiaru,                          il pastore corse al pagliaio

e lu tempu si misi paru paru.                               e il tempo fece quello che doveva fare.

 

 

1)      L’idillio si svolge tra l’incantevole vallata del Furi a Cinisi, tra i fianchi del monte Pecraro e il Vallone. Tra la scoscesa si trovano le grotte ed altri luoghi della Bucolica, più volte nominati (nota E. Alfano).

2)      Squatraciata – termine poco usato – può essere inteso come larga, grande anche se mal in arnese.

3)      Attuppateddu – voce non trovata nel dizionario delle voci oscure – Meli – Roberti – probabile riferimento a qualche funghetto.

4)      Si misi paru paru (modo di dire) – mettersi a pari – fare quello che si doveva fare.

Immagine: Filippo Palizzi – pastorelli nel bosco – da:

LA BUCOLICA di G. Meli INDICE PARTI

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