domenica 31 maggio 2015

Una breve biografia de l’Abate Meli


Una breve biografia de l’Abate Meli
Questa breve biografia non è di certo esaustiva – successivamente in questo blog saranno inseriti altri post sulla vita e l’opera di Meli.
Le biografie di Meli più dettagliate sono:  quella di Agostino Gallo e quella di Giovanni Alfredo Cesareo.
Attenta cura all’opera di Meli la dedicò Edoardo Alfano,  che lo ripropose agli inizi del 900 con curate edizioni e si dedicò a ricerche storiche approfondite sul poeta.
 Grande apprezzamento ebbe per Meli lo scrittore Luigi Natoli che dedicò a Meli un approfondito Studio critico alle sue opere, uno dei suoi romanzi “l’Abate Meli” e buona parte del trattato sulla poesia “Musa siciliana”.

Giovanni Meli (l’Abbati), nato a Palermo il 6 marzo 1740 e deceduto nella stessa città il 20 dicembre 1815, è stato uno dei più grandi poeti italiani e si è espresso per le opere più importanti in lingua siciliana. 
 Il padre Antonio Meli di professione orefice e la madre Vincenza Torriquas, non erano di certo ricchi e Giovanni Meli dovette conciliare la sua passione per la letteratura con l’esercizio di una professione, e scelse quella di medico.
 L’epoca storica in cui visse Meli è una delle più complesse e travagliate dello scenario europeo, e piena di grandi rivolgimenti: dalla rivoluzione francese alle campagne napoleoniche,  fino ad arrivare al riassetto europeo del 1815 con il congresso di Vienna.
  Meli fu educato presso le scuole dei padri Gesuiti e si appassionò giovanissimo agli studi letterari e filosofici,  trovò ispirazione nel pensiero illuminista dell’epoca, raggiunse la notorietà  aderendo al movimento letterario dell'Arcadia con una dimensione tutta sua e con l'uso della lingua siciliana.
 Raggiunse la celebrità nel 1762 col poemetto La Fata galante; la fata incontrata da Meli gli proponeva,  sotto forma di fiabe mitologiche, tematiche filosofico-sociali.
 Dal 1767,  Meli esercitò la professione di medico per cinque anni nel paesino di Cinisi,  dove veniva chiamato l'Abati, perché  vestiva come un prete.
 L’abito scuro del prete e l’abito del medico allora non erano tanto differenti e Meli continuò ad usare l’abito scuro per introdursi nei conventi dove si recava come medico, continuò a farlo anche quando si trasferì a Palermo.
 Si descriveva lui stesso fisicamente brutto e continuava ad andare in giro vestito da Abate;  ma era sensibile alla bellezza femminile, non mancò di amare e corteggiare donne ed a molte dedicò Odi e Canzonette.  
 Con le Elegie del suo poema la Bucolica crebbe la sua fama e divenne conteso  dalle dame dell'aristocrazia palermitana nei loro salotti; veniva particolarmente apprezzata la sua arguzia e la sua galanteria.   Meli, però,  andava ben oltre; la sua poesia era spesso intrisa di riflessioni filosofiche; in particolate con il poema Origini di lu munnu, esaminò tutte le correnti filosofiche dentro un quadro allegorico-mitologico.
 Nel 1787 pubblicò la raccolta delle sue opere in cinque volumi col titolo di Poesie Siciliane. Sempre nel 1787 ebbe la cattedra di chimica all'Accademia degli studî di Palermo e venne chiamato a far parte come socio onorario delle più importanti accademie italiane come quella di Siena (1801) e quella peloritana di Messina.
 Una testimonianza dell’impegno sociale di Meli  è l’aver fondato nel 1790 l’Accademia Siciliana,  insieme a intellettuali come Francesco Paolo di Blasi, Giovanni Alcozer, Francesco Sampolo ed altri;  fondazione che tra l’altro si occupò di studiare lo stato dell’agricoltura e della pastorizia nel regno di Sicilia.
 Non fu mai ricco e spesso le difficoltà lo costrinsero a bussare alla porta dei potenti. Nel 1810 il re Ferdinando gli concesse una pensione annua, poi successivamente sospesa.  
 Nel 1814 vennero pubblicate a Palermo,  a cura dello stesso autore, le Favuli Murali dove il Meli prendendo spunto da Esopo e Fedro costruisce un poema morale sugli uomini e gli animali con fine arguzia ed umorismo tutto siciliano.
 Sull’essere stato Abate o no, si è dibattuto tanto tra i biografi. Agostino Gallo, primo biografo del Meli, scrisse che nell’ultimo anno della sua vita prese gli ordini per avere in assegnazione un’abazia in Palermo. Con una successiva ricerca storica sui documenti della chiesa palermitana,  Edoardo Alfano dimostrò che non aveva preso alcun ordine sacerdotale.
 Morì a Palermo il 20 dicembre 1815, in Europa si era conclusa l’avventura napoleonica e si chiudeva l’epoca che si era aperta con la rivoluzione francese. (F.Z.)


immagine - busto di Giovanni Meli - foto dall'edizione delle Poesie di Meli - curata da Edoardo Afano del 1914

tre libri su Giovanni Meli

L'ORIGINI DI LU MUNNU -  Poema ironico sull’origine del mondo di Giovanni Meli  l'Abate - In Siciliano e traduzione in Italiano a fronte - Nella originale edizione del 1814 curata dallo stesso Poeta, con le ottave postume ritrovate da Agostino Gallo, con tutte le note filosofiche dello stesso Giovanni Meli, con le note di traduzione delle più difficili parole siciliane, con le note biografiche su Meli e su come nacque questa straordinaria opera, con un disegno di Giove creatore di Dafne Zaffuto - € 12,00 pag. 150 ordinabile tramite   I BUONI CUGINI EDITORI

https://www.ibuonicuginieditori.it/store/product/giovanni-meli-lorigini-di-lu-munnu-poemettu-berniscu



In occasione del bicentenario di Giovanni Meli 1815 – 2015 - In un solo volume:
 il romanzo "L'Abate Meli" di Luigi Natoli
"Giovanni Meli – Studio critico" di Luigi Natoli
tutte le poesie che Luigi Natoli inserì nel trattato "Musa siciliana". 
E in Appendice  tante poesie di Giovanni Meli con testo italiano a fronte a cura di Francesco Zaffuto. 
Il volume di 730 pagine al prezzo di € 25,00 –  può essere richiesto alla casa editrice 
al prezzo scontato di € 21,30 -  qui sotto il link per l’ordinazione




L’ACEDDI

il libro con le favole di Giovanni Meli sugli uccelli – poesie siciliane con traduzione in italiano a fronte di Francesco Zaffuto -  pag. 103  - € 10,00 - ordinabile direttamente alla casa editrice al 

Lettere e note a questo blog n. 1

Per la Rubrica – Lettere e note a questo blog riceviamo da

Calogero Di Giuseppe Pioltello 31 Maggio 2015

GIOVANNI MELI
Nel DIZIONARIO FRASEOLOGICO  sicilano-italiano   di Michele Castagnola così si legge:

Quasi un secolo passa dalla morte del RAU (1 alla nascita poetica di Giovanni Meli, il maggiore poeta siciliano. Questo interregno, per altro illuminato dalle terzine del Maura, (2 è un secolo d’attesa, caratterizzato dal dissolvimento dell’ottava, ma anche da una crescita, lenta ma sicura, che prepara la grande stagione della poesia siciliana, il ‘700. E Giovanni Meli, nato a Palermo nel 1740 e mortovi nel 1815, ne è l’espressione più alta. 1 e 2) Poeti siciliani citati nel Dizionario: Michele Castagnola, Prefazione di Pietro Mazzamuto a cura di Salvatore Camilleri.  Ed. Vito Cavallaro Palermo, 1979.  

LI SURCI (favola sulle conseguenze di una vita dissipata)

LI SURCI

 E’ la prima delle favole morali ed anche la più conosciuta, apre la grande carrellata poetica 
delle Favole morali.  Con delle rime piacevolissime la dura morale sul vizio che porta in sé
la sua perdizione.
 Qui inserita con testo in siciliano e traduzione letterale a fronte e qualche nota 
a cura di Francesco Zaffuto

LI SURCI                                                                                       I SORCI

Un surciteddu di testa sbintata                             Un sorcetto di testa sventata
Avia pigghiatu la via di l’acitu, (1)                          aveva pigliato  la via dell’aceto,(1)
E faceva ‘na vita scialacquata                                 e faceva una vita dissipata
Cu l’amiciuni di lu so partitu.                                  con gli amiconi del suo giro.

Lu ziu circau tirarlu a bona strata, (2)                  Lo zio cercò di portarlo sulla buona strada, (2)
Ma zappau all’acqua, pirch’era attrivitu, (3)       ma zappò nell’acqua, perché era testardo,(3)
E dicchiù la saimi avia liccata,                                e per di  più lo strutto aveva leccato,
Di tavernì e di zàgati peritu.(4)                              di taverne e  di botteghe esperto.(4)

Finalmenti mucidda fici luca;                                  Finalmente la gatta lo beccò;
Iddu grida: Ziu ziu, cu dogghia interna;                 lui grida: Zio zio, dolorosamente;
So ziu pri lu rammaricu si suca; (5)                         suo zio per il rammarico si rattrista;(5)

Poi dici: Lu to casu mi costerna;                             poi dice: Il tuo caso mi costerna;
Ma ora mi cerchi? chiaccu chi t’affuca! (6)          ma ora mi cerchi? pendaglio di forca!(6)
Scutta pri quannu jisti a la taverna. (7)                 Paga per quando andasti alla taverna. (7)

Note
        1)  Prendere la via dell’aceto in siciliano  è come dire guastarsi, il vino comincia
      ad essere acido e anche il giovane praticando cattivi costumi si può guastare
        2)  Con ziu si intende un sorcio prudente e savio. Il Meli gli dà il nome di ziu dallo
      zirlare del topo, che in siciliano si dice fare ziu ziu. Infatti, poco appresso il sorcio grida,
      e fa, naturalmente, ziu  ziu e – con felice doppio senso – diventa invocazione di aiuto
             dello zio. (nota di Natoli da Musa siciliana)
        3)  Zappare nell’acqua per dire predicare inutilmente
        4)  Zàgati, plurale di zàgatu = bottega di pizzicagnolo – e in forma impropria anche casino,
            casa di piacere e di perdizione
        5) Letteralmente si suca significa si succhia, ma in Sicilia sucarisi significa anche senso di
      stringimento per spavento o dolore improvviso, rattristarsi.
6) Chiaccu – cappio, nodo . Se seguito da che t’impicchi o che t’affoghi  è usato come
     imprecazione.
        7)  Scutta da scuttari .  Pagare il pegno, scontare una pena.  Chi sbaglia paga, il vizio porta 
           in sé la sua punizione e ben poco può fare lo zio per tirarlo fuori dalla bocca della gatta.


libri su Giovanni Meli

L'ORIGINI DI LU MUNNU -  Poema ironico sull’origine del mondo di Giovanni Meli  l'Abate - In Siciliano e traduzione in Italiano a fronte - Nella originale edizione del 1814 curata dallo stesso Poeta, con le ottave postume ritrovate da Agostino Gallo, con tutte le note filosofiche dello stesso Giovanni Meli, con le note di traduzione delle più difficili parole siciliane, con le note biografiche su Meli e su come nacque questa straordinaria opera, con un disegno di Giove creatore di Dafne Zaffuto - € 12,00 pag. 150 ordinabile tramite   I BUONI CUGINI EDITORI

https://www.ibuonicuginieditori.it/store/product/giovanni-meli-lorigini-di-lu-munnu-poemettu-berniscu



In occasione del bicentenario di Giovanni Meli 1815 – 2015 - In un solo volume:
 il romanzo "L'Abate Meli" di Luigi Natoli
"Giovanni Meli – Studio critico" di Luigi Natoli
tutte le poesie che Luigi Natoli inserì nel trattato "Musa siciliana". 
E in Appendice  tante poesie di Giovanni Meli con testo italiano a fronte a cura di Francesco Zaffuto. 
Il volume di 730 pagine al prezzo di € 25,00 –  può essere richiesto alla casa editrice 
al prezzo scontato di € 21,30 -  qui sotto il link per l’ordinazione







L’ACEDDI
il libro con le favole di Giovanni Meli sugli uccelli – poesie siciliane con traduzione in italiano a fronte di Francesco Zaffuto -  pag. 103  - 
€ 10,00 - ordinabile direttamente alla casa editrice al https://www.ibuonicuginieditori.it/store/product/giovanni-meli-laceddi-gli-uccelli


sabato 30 maggio 2015

Meli e il siciliano, nota alla edizione 1814



Queste note con l’indicazione per facilitare agli Italiani  la intelligenza della lingua Siciliana
furono inserite nella edizione del 1814 così intitolata Poesie Siciliane dell’Abate Giovanni Meli Dot. in Medicina, e Pubblico Professore di Chimica nella Reg. Università degli Studj di Palermo e Socio di diverse Accademie. Edizione II. Riveduta dall’Autore, accresciuta di novelle composizioni non pria stampate, ed arricchita di note per gl’Italiani, in Palermo 1814, per Interollo.

& 1. Su la desinenza delle parole.
   La e quanto frequente nell’italiano idioma, altrettanto rara nel siciliano, che nettampoco si degna accordarla al genere femminino, perciò invece di femine, dice fimmini: Ciò porta un’inconveniente negli articoli plurali femenini, che per distinguerli da’ mascolini, vi abbisogna un’aggiunto, che esprima il genere: per esempio dovendo dire Una madre con due figlie, deve dirsi in siciliano Una matri cu dui figghi fimmini. Non trovo mezzo da ripararvi se prima la Nazione non si riconcilia con la lettera e, sebbene questa col passavanti dell’accento si ammette: come Rè, olè, lacchè ec.

    La i al contrario è la lettera più favorita da’ siciliani, e si sostituisce per lo più alla e. Quindi quelle parole, che nel siciliano linguaggio terminano in i, nell’Italiano finiscono in e, come pani, pane.

    Della lettera o si può dir l’istesso, che abbiam detto della e, puoco, o niente frequentata da’ siciliani, ma sostituiscono in sua vece la u, specialmente nel fine delle parole, quindi possiamo stabilire, che le desinenze siciliane in u passano nell’italiano in o, come Amicu, Amico.

    Quelle in ghi, ghiu, ghia, si cangiano in gli, glio, glia, come Scogghi, Scogli; Cunigghiu, coniglio; Maravigghia, Meraviglia.

    Le due dd nel fine, e nel mezzo ancora delle parole si cangiano in due ll come Agneddu, agnello; Agnidduzzu, Agnelletto.

& 2. Lettere, che si cangiano nel principio, e nel mezzo delle parole.
 La v consonante nel principio delle parole spesso si cangia in b, come Varca, barca; Vagnu, bagno; Voi, bue ec. si accentuano Voi, quando è verbo, o pronome, Vostra, Vita, Veru, ed altri. 

 La doppia rr ne’ futuri de’ verbi si cangia in r semplice, come farrò, dirrò; farò, dirò ec.

 La u vocale nel principio, e nel mezzo ancora delle parole passa allo spesso in o, come Cunsigghiu, consiglio. Cumannu, comando. Unni, onde.

 Delle due nn la seconda per lo più si cangia in d; come Granni, grande; Spanni, spande ec.

 La Sci, che gli antichi siciliani scrissero Xi, in moltissime parole passa in Fi, come Sciumi, o Xiumi, Fiume; Sciuri, o Xiuri, Fiore; Sciatu, o Xiatu, Fiato ec.

 La r nel mezzo delle parole passa per lo più in l, come  Arma, alma; Urtimu, ultimo ec.

 Chi nel principio delle parole per lo più viene cambiato in que, come chistu, chiddu, questo, quello; Chia, in pia; come Chiaga, piaga ec.

& 3. De’ Nomi.
Ne’ Nomi per lo più i soli articoli, e non già le desinenze distinguono il singolare dal plurale. Come lu pani; e li pani; lu pasturi, e li pasturi ec.
Lu negli articoli fa le veci di il, come lu Patri, il Padre.

& 4. De’ Pronomi.
Jeu     -  Eu       -    Ju         per dire  io      
                     
Nui  per dire   Noi         

Chiddu  -  Ddu -  Dd’   per dire  colui, o quello

Chistu   -   Stu    -    Ssu    -   per dire  questo, o costui

Chista  -  Sta -   Ssa    -  Questa, o cotesta;

Iddu = Egli, d’iddu =  di lui, ad iddu =  a lui.

Mia, e Tia con qualche articolo avanti significano, me , te; come a mia, a tia, significano a me, a te.

 Cui spesso è nominativo, e vale chi; e la i non di rado si elide: come Cui fu? Si pronuncia Cu fu? E
corrisponde a Chi fu? Ci spesso significa loro, o a lui;
Come ci dissi, loro disse, o disse a lui.
 Nui significa ne, che vale di questo, o di questa. Come nni vosi, ne volle, nni detti, diede di questo, o di questa cosa ec. Molte volte però significa ci, o a noi; Nni nni detti, diede a noi di questa cosa.
 Miu, Meu,  e mè; Mio.
Tò                      Tuo.
Sò                      Suo.
Autru, autri, o nautru, Altro, o d’altri ec,
Nuddu                Nessuno.
Nu, e na             Uno, e una.
Chi                    Che.

& 5. Declinazione del Verbo Essere.      
Modo dimostrativo.
Sugnu,     Sono  
Sì, Sei          
Semu, Siamo.     
Plur.    Siti,     Siete.         Sunnu, Sono.
       Passato Imperfetto.
Plur.     Eramu, Eravamo.            Eravu,  Eravate.

       Passato Indeterminato.
Fomu,    Fummo
Plur.     Fùstivu Foste         Foru,     Furono.
       Futuro    
Sarroggiu,    Sarò,          Sarrai,  Saria       Sarrà,   Sarà         

Pl.   Sarremu,    Saremo    Sarriti,       Sarete.      Sarrannu,   Saranno.

Del Verbo Avere.
Aju,             Ho.
 Avi,             Ha.
Avèmu,        Abbiamo; 
Appi, Ebbi.
Appiru,      Ebbero.
Avìstivu,     Aveste.

Le terze persone singolari del passato indeterminato di quasi tutti i verbi terminano col dittongo au, che nell’Italiano si cambia in o; come amau, amò; lodau, lodò ec.
Siccome le prime persone singolari del Futuro finiscono spesse  volte in ggiù, che si muta nell’Italiano in o, come farroggiu, farò; dirroggiu, dirò.

& 6. Avverbj, Articoli ec.
‘Un con l’apostrofe innanzi sign. Non, come ‘un ci vaju, non vi vado.
Chiù, o Chiui          vale  Più.
Nzoccu        Ciò che.
Ccà          vale Quà
Ddà         Colà
Ddocu     Ivi,
quivi,      costà.
Cu           Col, o con.
Unni        Dove, laonde, perciò
‘Ntra        Tra, fra, nel, o in.
‘Nzusu      Su o sopra.
Gnusu      Giù, o sotto.
Pri, e pir    Per
Nu, o nun     Non
Cha, o ca        Perché, o che
Addunca       Adunque.

giovedì 28 maggio 2015

La Paci

statua di Giovanni Meli l'Abbati - al Teatro Massimo di Palermo

La Paci -  Ode XXV

La Paci è una delle poesie filosofiche di Meli, numerata come Ode XXV nell’elenco delle odi dell’edizione 1814 al volume II,  edizione curata dallo stesso autore.  Nell’edizione del 1914 delle poesie di Meli, curata da Edoardo Alfano, viene inserita nella sezione poesie filosofiche come prima.
Luigi Natoli, nel suo romanzo “L’Abate Meli”, dedica  un intero capitolo al poeta nel momento creativo di questa poesia.
 Per arrivare alla pace Meli indica uno stile di vita: accontentarsi di poco, non cercare ori e gloria,  essere solidali ed amare l’arte e la scienza.    Vista in questo modo la pace è il risultato di un traguardo interiore, l’indicazione etica di una strada per ogni individuo;  la conclusione finale è un appello a tutta l’Europa, l’etica della pace deve riguardare anche popoli e nazioni. Meli vide l’Europa come terreno di scontri violenti che erano l’opposto del suo desiderio di pace. L’appello finale di Meli all’Europa oggi riveste una particolare importanza;  l’Europa dopo la seconda guerra mondiale ha costruito una convivenza tra i popoli europei, convivenza oggi fragile ma preziosa per la pace.
In questo post viene inserito il testo in siciliano di Giovanni Meli – si è fatto riferimento alla edizione di Edoardo Alfano 1914 – edizione Piazza Palermo.
 Per facilitare la comprensione viene inserito il testo in siciliano con una traduzione letterale  a fronte e con qualche nota per i  per i punti più controversi.  (traduzione e note a cura di francesco zaffuto)


La Paci                                                     La Pace

È la paci la mia amica,                         E’ la pace la mia amica,
La mia cara vicinedda,                         la mia cara vicina di casa,
Oh chi Diu la benedica!                       oh che Dio la benedica!
Quant'è saggia, quant'è bedda !            Quanto è saggia, quanto è bella!

D'idda accantu 'un sentu guai,              Con lei accanto non sento guai,
Campu spicciu, giru tunnu,                  campo senza impicci, giro liberamente,
E cu pocu, pocu assai,                          campo con poco, con tanto poco,
Nent'invìdiu ntra stu munnu.                niente invidio in questo mondo.

Si mi manciu un tozzu duru,                Se mi mangio un tozzo di pane duro,
Mi l'approva e dici : sedi;                     lei mi approva e dice: siedi,
E stu tozzu, vi assicuru,                       e il tozzo di pane, vi assicuro,
Mi va all'ugnu di lu pedi. (1)               mi va in salute fino alle unghie dei piedi

Quannu posu testa a lettu                    Quando poso la testa nel letto
Dormu saziu, comu un ghiru.              dormo sazio, come un ghiro,
Grati sonni e di dilettu                         gradevoli sonni e di diletto
Di la menti vannu in giru.                   della mente vanno in giro.

Ora volu comu un cignu.                    Ora volo come un cigno.
Ora sulcu undusi vii,                           ora solco ondose vie,
E durmennu disimpignu                     e dormendo disimpegno
Li capricci e li disii.                            i capricci e i desideri.

E st'imagini sugnati                            E queste immagini sognate
L'indumani sunnu uguali,                   l’indomani sono uguali,
A l'imagini ristati                                a l’immagini rimaste
Da li giubili reali.                               di una gioiosa realtà.

Si lu sagru munti acchianu                 Se al sacro monte salgo
A lu latu miu si ncugna,                   al mio lato (la pace) si avvicina,
Cu li proprii soi manu                       con le sue proprie mani
Poi mi accorda la sampugna.            poi mi accorda la zampogna.

Di ddà supra mentr'eu cantu,              Di là sopra mentre io canto,
Viju sutta li me pedi                           vedo sotto i miei piedi
Terra mari e tuttu quantu                    terra mare e tutto quanto
L'omu ambisci e nun pussedi.             l’uomo ambisce e non possiede.

E Furtuna ‘ntra ‘na rota,                     E (vedo) Fortuna dentro una ruota,
Chi currennu a rumpicoddu                dove si corre a rompicollo
Auta e vascia, gira e sbota                  alta e bassa, gira e volta,
Ora a siccu ed ora a moddu.               ora all’asciutto e ora sul bagnato.

Na gran turba appressu d'idda,            Una gran turba appresso alla Fortuna,
Chi ci grida supplicanti :                     che gli grida supplicante:
Oh Dia ferma na scardidda,                 oh Dea dammi una briciola,
Guarda a mia ntra tanti e tanti.            guarda a me tra tanti e tanti.

Cumpiangennu sti mischini                Compiangendo questi meschini
Jeu l'amica strinciu e abbrazzu,           io l’amica (pace) stringo e abbraccio
Chi li lochi sularini                              lei che i luoghi solitari
Fa chiù grati d'un palazzu.                  fa più gradevoli di un palazzo.

Chi a guardari si cumpiaci                  Chi a guardare si compiace
La chiù simplici capanna,                   della più semplice capanna,
Lu gran fastu ci dispiaci                      il gran fasto gli dispiace
E si vota di dda banna.                        e si volta d’altra parte.

Non perciò la societati                         (alla pace) Perciò non disgusta
La disgusta, ama l'amici,                      la socialità, ama gli amici,
E su pr'idda li citati                               e questi sono per lei
Ricchi floridi e felici.                            ricchi floridi e felici.

Ama l'arti ad una ad una,                     (la pace)Ama tutte le arti,
Lu cummerciu, li scienzi,                    il commercio, le scienze,
Odia sulu di furtuna                            odia solo la fortuna
Li capricci o prepotenzi.                      per i capricci e le prepotenze.

Ma poi trema e mpallidisci                  Ma poi trema e impallidisce
Cu na sincopi murtali                          con una sincope mortale
Quannu alcunu proferisci:                   quando qualcuno parla
Guerra liti o tribunali.                         di guerra liti o tribunali.

Pirchì accordasi in cumpenzu              Perché si concede in compenso
Da lu celu a un cori drittu.                   dal cielo a un cuore giusto.
Acciò l'oru ne l'incenzu                       Pertanto l’oro e  l’incenso
Non invidii a lu delittu.                        non possono giustificare il delitto.

Ma vidennula negletta,                         Ma vedendo (la pace)negletta
Cu maneri assai modesti,                      e di maniere molto modeste,
L'omu in idda nun suspetta                  l'uomo non sospetta in lei
Na progenii celesti.                              una progenie celeste.

Deh tu fa, Bontati eterna,                     Dio, Bontà eterna, fai
Di stu beni impareggiabili                    che della pace, bene impareggiabile,
Chi l'Europa ni discerna                        l’Europa ne comprenda
Lu gran prezzu inestimabili.                 il grande prezzo inestimabile.

Note
1)Esiste un vecchio proverbio siciliano che dice: Lu manciari a l'addritta va sina all'ugna di lu pedi Fonte: Pitrè, IV, 97. Il cibo mangiato in piedi va  fino alle unghie dei piedi.
Il Meli usa il detto in senso più ampio, il mangiare frugale con soddisfazione e nel giusto va tutto in salute fino alla parte più estrema del corpo, fino all’unghia del piede.

tre libri su Giovanni Meli

L'ORIGINI DI LU MUNNU -  Poema ironico sull’origine del mondo di Giovanni Meli  l'Abate - In Siciliano e traduzione in Italiano a fronte - Nella originale edizione del 1814 curata dallo stesso Poeta, con le ottave postume ritrovate da Agostino Gallo, con tutte le note filosofiche dello stesso Giovanni Meli, con le note di traduzione delle più difficili parole siciliane, con le note biografiche su Meli e su come nacque questa straordinaria opera, con un disegno di Giove creatore di Dafne Zaffuto - € 12,00 pag. 150 ordinabile tramite   I BUONI CUGINI EDITORI

https://www.ibuonicuginieditori.it/store/product/giovanni-meli-lorigini-di-lu-munnu-poemettu-berniscu



In occasione del bicentenario di Giovanni Meli 1815 – 2015 - In un solo volume:
 il romanzo "L'Abate Meli" di Luigi Natoli
"Giovanni Meli – Studio critico" di Luigi Natoli
tutte le poesie che Luigi Natoli inserì nel trattato "Musa siciliana". 
E in Appendice  tante poesie di Giovanni Meli con testo italiano a fronte a cura di Francesco Zaffuto. 
Il volume di 730 pagine al prezzo di € 25,00 –  può essere richiesto alla casa editrice 
al prezzo scontato di € 21,30 -  qui sotto il link per l’ordinazione




L’ACEDDI

il libro con le favole di Giovanni Meli sugli uccelli – poesie siciliane con traduzione in italiano a fronte di Francesco Zaffuto -  pag. 103  - € 10,00 - ordinabile direttamente alla casa editrice al