martedì 6 luglio 2021

La Bucolica - L'invernu - Idillio IX - Li Piscaturi

 


Giovanni Meli

La Bucolica

L'Invernu

Idillio IX

Li Piscaturi

Questo Idillio di Meli è come 

un'ode all'ingenuità:  due 

poveri pescatori, che conducono una vita dura e misera, arrivano a credere

ad ogni frottola che pare alleggerire la loro miseria.

LA BUCOLICA di G. Meli INDICE PARTI

IDILIU IX

Li Piscaturi                                               I Pescatori

 

‘Ntra un gruttuneddu in menzu a ‘na scugghiera,      In una piccola grotta in mezzo a una scogliera,

Chi a l'inquietu mari facia frunti,                                    che all’inquieto mare faceva fronte,

Dui piscaturi lu so jazziteddu                                          due  pescatori il loro giaciglio

Si avevanu cunzatu d'arca asciutta,                               si avevano preparato con alghe asciutte,

Non di ‘ntuttu sicuru                                                        non in tutto sicuro

Di l'unni a l'inclemenzì,                                                    dall’onde e l’inclemenze,

Quannu ingrussati tentanu lu frenu                              quando ingrossate tentano il freno

Scòtiri di li spiaggi; puru avvezzi                                    scuotere delle spiagge; eppurre avvezzi

E l'ira, e l'incostanzi a tollerari                                         e l’ira, e l’incostanze a tollerare

Di stu elementu infidu,                                                    di questo elemento infido,

Durmevanu tranquilli                                                       dormivano tranquilli

A lu murmuru d'iddu ed a lu gridu.                                al mormorio di esso, ed al grido.

 

Ed avirrianu chiù godutu a lungu,                             Ed avrebbero più goduto a lungo,

Morfeu, li doni toi, però la fami                                Morfeo, i toui doni, però la fame

(Stanti la scarsa cena di la sira)                                  (stante la scarsa cena della sera)

Un piulu  mulestu suscitannu                                     uno stimolo modesto suscitando

Tra li vacanti visceri, ci caccia                                     tra le vuote viscere, gli caccia

Lu sonnu da li gigghia,                                                 il sonno dalle ciglia,

E prima di l'aurora l'arrisbigghia.                               e prima dell’aurora li risveglia.

 

Strufinannusi l'occhi,  e sbadagghiannu                Strofinandosi gli occhi, e sbadiglianndo

Acchìcchianu chiù voti                                              sbirciano più volte

Guardannu l'orizzonti, e da lu situ                         guardando orizzonte, e dal sito

Unn'è lu carru granni e la puddara, (1)                 dov’è il gran carro e le pleiadi,

Vidinu quantu spaziu trascursu                              vedono quanto spazio trascorso

Avia la notti, e vannu a rilivari,                               aveva la notte, e vanno a rilevare

Chi ci vulia ‘nàutr'ura ad annarbari.                       Che ci voleva un’altra ora ad albeggiare.

 

Tentanu appinnìcarìsi di novu,                           Tentano addormentarsi di nuovo,

Si sbotanu di l'unu all'àutru latu,                       si girano dall’uno all’altro lato,

Si stiranu, si agguccianu, né ponnu                   si stirano, si accovacciano, né possono

Chiamari all'occhi soi l'amatu sonnu.                chiamare ai loro occhi l’amato sonno.

 

Pr'ingannari lu tediu, e la noja                         Per ingannare il tedio, e la noia    

Di stari vigilanti ad aspittari,                             di stare vigilanti ad aspettare,

Chi la tacita notti                                                che la tacita notte

Avissi tuttu l'emisferu scursu,                          avesse scorso tutto l’emsfero,

Intricciannu ‘ntra d'iddi stu discursu.            intrecciano tra loro questo discorso.

Dissi lu menu vecchiu :                                    Disse il meno vechhio:

 

Vidi si onta maggiuri si pò dari:                     Vedi se onta maggiore si può dare:

Mentri sunnava chi gudia manciannu          mentre sognavo che godevo mangiando

La fami m'à vinutu a risbigghiari.                  la fame mi è venuta a risvegliare.

 

Quatìt'è pinusa la esistenza, quannu           Quanto è penosa l’esistenza, quando

La miseria di supra si ci aggrava,                   la miseria sopra si ci aggrava,

La tregua di li sonni anchi sturbannu !         la tregua dei sonni anche turbando!

 

La natura, ch'è tanta saggia,  e brava            La natura, ch’è tanto saggia, e brava

‘Ntra tutti l'opri soi, duvia la fami                   in tutte le opere sue, doveva la fame

Mettiri in chiddi a cui l'oru abbunnava.         mettere in quelli a cui l’oro abbondava

 

Dànnuci l'isca duvìa darci l'ami,                     Dandoci l’esca doveva darci gli ami,

Ma dari l'ami a cui nun avi l'isca                    ma dare gli ami a ri non ha l’esca

Pari strammizza;  tu comu la chiami?           pare stramberia; tu come la chiami?

 

Ripigghia l'autru : Nostra riti 'un pisca               Ripiglia l’altro: nostra rete non pesca

‘Ntra stu mari profunnu;  e lu chiù saggiu         in questo mare profondo; e il più saggio

È chiddu chi lu menu si ci ‘mmisca. (2)                 e quello che meno si ci mischia.

 

Dispiacinu la fami e lu disaggiu;                         Dispiacciono la fame e il disaggio;

Ma chisti lu manciari e lu durmiri                      ma questi il magiare e il dormire

Ci renninu gustusi di vantaggiu.                         ci rendono gustosi di vantaggio.

 

Dirrai : d'unni ti vinnì stu sapiri ?                    Dirai: da dove ti è venuto questo sapere?

leu lu cunfessu, 'un àiu tantu sali,                   Io lo confesso, non ho tanto sale,

Ma mi l'à dittu cui lu putìa diri.                        ma me l’ha detto chi lo poteva dire.

 

Sta fami, chi disprezzi, à virtù tali,                  Sta fame, che disprezzi, ha virtù tali,

Chi lu gustu chiù gratu ed esquisitu                che il gusto più grato e squisito

Duna a cibi, anchi vili e zuzzinali.                    dà ai cibi, anche vili e dozzinali.

 

E l'omu da la sorti favuritu;                              E l’uomo dalla sorte favorito;

Oh quantu spissu la disia sidennu                  oh quanto spesso la desidera sedendo

In una ricca tavula o convitu !                         in una ricca tavola o convito!

 

Chistu lu sacciu da un'omu di sennu             Questo lo so da un uomo di senno

Riccu e potenti, chi spissu cu mia                  ricco e potente, che spesso con me

Si spassava piscannu e discurrennu. (3)       si spassava pescando e discorrendo.

 

Mi rigordu ch'ancora mi dicìa,                      Mi ricordo ch’ancora mi diceva,

Chi la fami fa l'omu industriusu,                  che la fame fa l’uomo industrioso,

E a l'utili scuverti apri la via.                         e alle utili scoperte apre la via.

 

E chi all'incontru:  l'omu facultusu          E che al contrario: l’uomo facoltoso

O li commodi cerchi, o li piaciri,              o cerca comodi, o i piaceri,

Divi di lu so erariu fàrini usu.                   deve del suo erario farne uso.

 

Perciò una parti l'avi a conferiri              Perciò una parte la deve conferire

A chiddu primu. Ed eccu la Natura         primo a quello. Ed ecco la Natura

Comu sapi li cosi scumpartiri!  (4)           come sa le cose divirere!

 

Mi diceva di chiù : si si misura,                        Mi diceva di più: se si misura

La povertà da li bisogni, un Granni                  la povertà dai bisogni, un Grande

È bisugnusu chiù,  chi 'un si figura.                  è bisognoso più, che non si figura.

 

Senza cocu nun gusta li bivanni,                      Senza cuoco non gusta le vivande,

Senza un morbidu lettu 'un sa durmiri,          senza un morbido letto non sa dormire,

Pati si spissu nun cancia mutanni.                   Patisce se spesso non cambia le mutande.

 

Senza criàti nun si sa vistiri,                                Senza servi non si sa vestire,

Cu li soi pedi nun sa caminari,                           con i suoi piedi non sa camminare,

L'aria frisca l'offenni e fa patiri.                         l’aria fresca l’offende e fa patire.

 

Avi bisognu pri li soi dinari                                Ha bisogno per i suoi denari

Di toppi e firramenti, o di casceri                    di serrature e ferramenti, o di cassiere

Fidili,  chi nun pensi ad imbrugghiari.             fedele, che non pensi ad imbrogliare.

 

Nun parru di stafferi,  e cammareri,               Non parlo di staffieri, e camerieri,

Ed antri, chi pri l'abiti contratti                        ed altri, che per l’abitudini contratte

Bisogni pr'iddu su riali,  e veri.                        sono per lui bisogni reali, e veri.

 

Agghiunci a chisti li bisogni fatti                     Aggiungi a questi i bisogni fatti

Da vani opinioni in fantasia                             da vane opinioni di fantasia

Chi vonn'essiri tutti soddisfatti:                      che vogliono essere tutti soddisfatti:

 

Lu lussu di carrozzi e di livria,                         Il lusso di carrozze e di livree,

Li modi variati di vistiri,                                   i modi svariati di vestire,

Lu gradu chi si briga e si disia.                       Il grado che si briga e si desidera.

 

‘Nzumma eu tutti nun ti sacciu diri             Insomma io tutte non te li so dire

Li cosi, chi mi dissi ddu Signuri,                   le cose, che mi disse quel Signore,

Né mi li sa la menti suggeriri.                      né la mente me le sa suggerire.

 

Sulu ti dicu, chi li tristi e scuri                       Solo ti dico, che i tristi e scuri

Tratti di la mia vita a ddi paroli                    tratti della mia vita a quelle parole

Tutti si trasmutaru in rosi e ciuri. (5)          tutti si trasmutarono in rose e fiori.

 

Ripigghia l'àutru : Cui di nui si doli              Ripiglia l’altro: chi di noi si duole      

Dunc'àvi tortu? Nè suli ‘nfelici                       dunque ha torto? Né soli infelici

Nui semu in terra? Amicu mi cunzoli.           noi siamo in terra? Amico mi cosoli.

 

È veru dunca chiddu chi si dici:                      E’ vero dunque quello che si dice:

Chi pri lu spissu l'apparenza inganna,          che per lo spesso l’apparenza inganna,

E chi nun sù a stu munnu li felici.                  e che non sono a questo mondo i felici.

 

La stissa signuria, chi l'occhi appanna            La stessa signoria, che gli occhi appanna

Viu,  chi 'un è da invidiarsi tantu                     vedo, che non è da invidiare tanto

Ouannu si guarda da la giusta banna.            quando si guarda dalla giusta parte.

 

Ora prima chi agghiorni dimmi intantu        Ora prima che fa giorno dimmi intanto

Tu chi sunnasti ? E l'àutru rispusì :                tu che hai sognato? E l’altro rispose:        

Mi parsi di sintìri un duci cantu.                     mi parse di sentire un dolce canto.

 

Certu fu ‘na Sirena, chi diffusi                       Certo fu ‘na Sirena, che diffuse

La miludia di li soi labbri tutta                       la melodia dalle sue labbra tutta

‘Ntra li silenzii di li campi unnusi.                 nei silenzi dei campi ondosi.

 

Gratu è lu cantu so, l'indoli è brutta               Grato è il suo canto, l’indole è brutta

(Comu mi è statu dittu) unn'eu timennu        (come mi è stato detto) ond’io temendo

Mi rannicchiai chiù ‘nnintra di la grutta;        mi rannicchiai più addentro nella grotta;

 

Ma d'unni mai ci nèscinu e ci vennu              ma da dove mai le escono e le vengono

Ddi teneri paroli, e insinuanti,                         quelle tenere parole, e insinuanti,

Si lu cori è di tigri? Eu nun cumprennu.         Se il cuore è di tigre? Io non comprendo.

 

Fu sonnu certu. Oh sonnu! oh comu incanti!    Fu sonno certo. Oh sonno! Oh come incanti!

Tu sulu dari a li mischini pòi                                 Tu solo dare ai meschini  puoi

Un squarciu di piaciri consolanti!                         uno squarcio di piacere cosolante!

 

Ripigghia l'àutru : Li sospetti toi                        Ripiglia l’altro: i sospetti tuoi                    

Scaccia di la tua menti; non Sirena,                  scaccia dalla tua mente; non Sirena,

Né  sonnu fu cu li chimeri soi.                             né sonno fu con le sue chimere.

 

leu m'era appinnicatu a mala pena,                  Io m’ero addormentato appena,

La ‘ntisi e conuscivi di la vuci,                            l’ho sentita e conoscevo dalla voce,

Ch'era la figghia di Ràisi Balena,                        ch’era la figlia di Ràisi Balena.

 

Chi à varchi a mari proprii, e ci produci            Che ha barce a mare, e gli produce

Stu nigoziu ricchizzi in quantitati,                    questo negozio ricchezze in quantità,

Pri cui la figghia in commodi riluci.                   per cui la figlia in comodi riluce.

 

Sacci,  chi mi fu dittu ‘ntra st'estati                 Sappi, che mi fu detto in questa estate

D'unu, ch'un mi rigordu chiù lu nomu,            da uno, che non mii ricordo più il nome,

Chi stu cantu a lu spissu è infirmitati. (6)        che questo canto spesso è infermità.

 

E chi ogni donna pri lu chiù, ed ogn'omu,     E che ogni donna per lo più, ogni uomo,

Quannu su ben nutriti e ben pasciuti,           quando sono ben nutriti e ben pasciuti,

Pàtinu in gioventù di stu sintòmu.                Patiscono in gioventù di questo sintomo.

 

Ora si stannu pinsirusi e muti.                       Ora si stanno pensierosi e muti,

Ora cercanu lochi sularini,                              ora cercano luoghi solitari,

Unni si fannu li larghi chianciuti.                    dove si fanno abbondati pianti.

 

Ora a la luna, all'unni ora marini                   Ora alla luna, ora all’onde marine

Sfoganu cu cantari lu so affannu,                 sfogano con catare il loro affanno,

Chi dicinu, ch'è focu ‘ntra li vini.                   Che dicono, ch’è fuoco  nelle vene.

 

E cu sti soi lamenti in cerca vannu                E con questi loro lamenti in cerca vanno

Di cui ci suggerisci lu capricciu                      di chi gli suggerisce il capriccio

Pri attaccàrici addossu stu malannu.           per attaccargli addosso questo malanno.

 

E chiddu ch'era primu leggiu e spicciu,        E quello c’era prima leggero e spiccio,

‘Na vota ch'è attaccatu di stu mali                una volta ch’è attaccato da questo male

Prova li stissi guai, lu stissu impicciu.            Prova gli stessi guai, lo stesso impiccio.

 

E succedi a lu spissu, chi sta tali                E succede anche spesso, che questa tale

Chi ci attaccau sta malattia, lu lassa         che gli attaccò questa malattia, lo lascia

E scappa sana scutulannn l'ali.                   e scappa  sana scuotendo le ali.

 

O puru a lu cuntrariu,  ci passa                   Oppure el contrario, gli passa

All'omu, e resta chidda 'ntra li guai,          all’uomo, e resta quella tra i guai,

L'una si strudi e l'àutru si la spassa.           l’una si strude e l’altro se la spassa.

 

Bon'è ca tu sti cosi nun li sai,                      Buono è tu queste cose non le sai,

Mancu eu purria sapirli, si cuntatu           manco io potrei saperle, se contato

Nun mi l'avissi cui ni sapia assai.               non le l’avesse chi ne sapeva assai.

 

Pirchì unu, comu nui, chi s'à stintatu            Perché uno, come noi, che conosce a stento

Lu tozzu, si scanzau sta malattia, (7)             un tozzo di pane duro, si scansò questa malattia,

Chi un mali d'àutru mali l'à salvatu.               così un male d’altro male l’ha salvato.

 

Ma viju già chi l'àipa filija (8)                                    Ma vedo già che l’àipa gira

Supra di l'unni, ed un gadduzzu d'acqua (9)         sopra l’onde, e un galluccio d’acqua

Sentu chi cà davanti ciuciulia.                                 sento che qui davanti cinguetta.

 

Eccu l'aurora a mari, chi si sciacqua                   Ecco l’aurora a mare, che rispecchia

Li vrunni trizzi, e di l'oscura notti                         le bionde trecce, e della oscuta notte

L'umbri cicati metti in fuga e stracqua.              l’ombre ciece mette in fuga e splende.

 

Cugghièmuni li coffi  e li cappotti,                      Raccogliamo le bisacce e i cappotti,

Jamu a fàrini l'isca e trimulina,                           andiamo a preparare l’esca e vermetti,

Sutta li petri e attornu di li zotti.                        sotto le pietre attorno di li  zotti. (10)

 

Poi tu ti situi mpizzu a dda catina                     Poi tu ti metti in punta a quella catena

Di scogghi a mari, ed iu tra lu ruccuni,             di scogli al mare, ed io in quel roccone

A cui lassau lu nomu sta marina                       che lasciò il nome questa marina

Di lu fu svinturatu Polemuni. (11)                    del fu sventurato Pomemone.

 

Note

1)      Unn'è lu carru granni e la puddara – riferimento alle costellazioni – dov’è il Gran Carro e le Pleiadi.

2)       Lu chiù saggiu /È chiddu chi lu menu si ci ‘mmisca – il più saggio è quello che si pone meno domande. Inizia così l’intervento dell’altro pescatore che è un insieme di affermazioni saggie mischiate con luoghi comuni;  e con una visione della società dove il ricco riesce a lamentarsi dei fastidi della sua ricchezza per fare in modo che il povero sia disposto ad accettare di buon grado la sua povertà.

3)      Il povero pescatore rivela la fonte di tanta saggezza; e il Meli continuerà, nei versi successivi,  ad ironizzare sul come spesso i poveri digeriscono così bene le fandonie dei ricchi.

4)      In questi due gruppi di versi si evidenzia un qualche lamento del ricco per le imposte che deve pagare e l’accettazione del pescatore delle cose come eventi naturali. 

5)      La versione del ricco è accettata integralmente dal vecchio pescatore,  ed è capace di convincere il pescatore gioavane, come dice nei versi successivi.  

6)      Il pescatore più giovane parla dell’amore come una grave ifermità,  che colpisce soprattutto coloro che non hanno problemi di fame e sopravvivenza.

7)      Tozzo – pezzo di pane duro. Unu, comu nui, chi s'à stintatu lu tozzu – uno, come noi, che conosce a stento un tozzo di pane duro.

8)      Aipi  - alcioni – martin pescatore , uccello noto anche per il particolare mito di Alcione.

9)      Gadduzzu d'acqua – galluccio d’acqua – piccolo uccello di mare che si aggira per gli scogli.

10)   Zotta, zotti  – cavo o ricettacolo d’acqua che la mare può restare in qualche conca – genericamente detto anche per pozzanghera.

11)   L’idillio di questi due poveri pescatori si conclude con un rifermento a Polemuni -  Autunno – Idillio VII. Mentre nel suo canto,  Polemuni, dotto e consapevole,  se la prende con il destino per la sua sventura; qui,  i due ingenui e ignoranti pescatori sono disposti ad accettare la dura esistenza, grazie alla loro ingenuità e alla loro ignoranza.

Immagine – Pescatori – pittura ad olio di Ivano Cerrai da:

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