domenica 18 luglio 2021

Potevamo ribellarci! Sì, potevamo, ma …

 

Giovanni Meli 

Favola Morale

XXXIX

Li Crasti

Nella propria vita ognuno di noi potrebbe aver visto chi sono Li Crasti (e se stava tra loro)  e forse potrebbe aver visto chi era il macellaio. Potrebbe!?  Ma delle conseguenze ci si accorge dopo, molto tempo dopo … 

INDICE FAVOLE MORALI


LI CRASTI                                                                            I CRASTI

                                                                      

 ‘Na quantità di Crasti in un sticcatu, (1)                     Da una  quantità di Crasti in un recinto,

Mentri chi si scurnavanu tra d'iddi,                              mentre si scornavano tra loro,

Ni fu da un strifizzaru unu acchiappatu, (2)                ne fu da un macellaio uno acchiappato,

Chi un ferru ci ficcau intra li gariddi,                            che un ferro gli ficcò in gola,

E in prisenza di tutti l'ammazzau,                                 e in presenza di tutti l’ammazzò,

L'unciau, lu battiu beni, e lu scurciàu.                     l’attaccò all’uncino, lo batté bene, e lo scorciò.

 

L'autri si eranu mossi a vindicari                                   Gli altri si erano mossi per vendicare

Lu so mortu cumpagnu e allura certu                          il compagno morto e allora certo

Eranu in statu di putirlu fari;                                         erano in grado di poterlo fare;

Ma nun fu di durata lu cuncertu,                                  ma non fu di durata l’accordo,

Pirchì testi di Crasti, e testi assai:                                 perché teste di Crasti, e tante:

Pignata di comuni 'un vugghi mai.  (3)                        pentola in comune non bolle mai.

 

Da multi si dicia, chi l'ammazzatu                                 Molti dicevano, che l’ammazzato

Era superbu e chinu di arruganza:                                era superbo e pieno di arroganza:

‘Na mala spina ni avemu livatu,                                    una mala spina ci siamo levata,

Quali sconsu ni fa la sua mancanza?                            quale danno a noi fa la sua mancanza?

Menu consumu d'erva, e la sua parti                          Meno consumo d’erba, e la sua parte

Crisci la nostra, pirchì a nui si sparti.                           cresce la nostra, perché a noi si sparte

 

Si eranu cuitati a stu cunfortu,                                     Si erano quietati con questo conforto,

Quannu lu strifizzaru trasi arreri,                                quando il macellaio entra di nuovo,

Ed eccu cadi nautru Crastu mortu.                              ed ecco cade un altro Crasto morto.

Tornanu l'autri a mettirsi in pinseri,                           Tornano gli altri a mettersi in pensieri,

Freminu; ma poi trovanu anchi in chistu                 fremono; ma poi trovano anche in questo

Li soi difetti, ch'era fausu e tristu.                               i suoi difetti, ch’era falso e triste.

 

Vidinu poi chi la processioni                                         Vedono poi che la processione

Seguita a longu, né la straggi speddi;                         seguita a lungo, né la strage finisce;

Vannu trasennu in custernazioni,                               vanno entrando in costernazione,

Ed in timuri pri la propria peddi:                                 e in timore per la propria pelle:

Perciò tennu consigghiu espressamenti                    perciò tengono consiglio espressamente

Pri risolviri un giustu espedienti.                                 per trovare un giusto espediente.

 

Ma mentri si cunsulta e si riscontra                            Ma mentre si consulta e si riscontra

Da una parti e dall'autra ogni pruggettu,                  da una parte e dall’altra ogni progetto,

E si matura cu lu pro e lu contra,                                 e passa il tempo con i pro e i contra,

Menzu sticcatu è già sbrigatu e nettu,                       mezzo recinto è già sgombrato e finito,

Pirchì, scannannu a drittu ed a traversu,                   perché, scannando a destra e manca,

Lu strifizzaru tempu nun ni ha persu.                         il macellaio tempo non ha perso.

 

L'ultimi, ah! tardu! apprisiru, e a so costu,          Gli ultimi, ah! tardi! Appresero, e a proprio costo,

Chi duvia farsi a privati odj un ponti,                        che si doveva fare ai privati odi un ponte,

Lu nimicu comuni avennu 'ncostu!                            il nemico comune avendo vicino!

E chi ‘ntra gran periculi, li pronti                                E che nei gran pericoli, le pronte

E li chiù arditi risoluzioni                                              e le più ardite risoluzioni

Sunnu a salvarci unici menzi e boni.                          sono per salvarci unici mezzi e buoni.

 

Note

 

1)      Crastu = Agnellone, maschio di pecora castrato e tenuto in allevamento per la macellazione. Usato per definire anche un aspetto di viltà.  In italiano la definizione più simile è quella di pecorone. Abbiamo scelto di lasciare la dizione in siciliano che mantiene una particolare sonorità.

2)      Strifizzaru= macellaio. Antico nome con cui si chiamava il macellaio nel siciliano parlato nel palermitano, ormai in disuso.

3)      Antico proverbio siciliano “A pignata 'ncomune un vugghi mai! (La pentola in comune non bolle mai –  se si fa qualcosa in tanti non si conclude niente. Proverbio in uso anche in altre regioni d’Italia ad esempio il ligure:  “A pignatta in cumün a nu buie mai a témpu (la pentola in comune non bolle mai al momento opportuno) – Da non confondere con un altro proverbio  “La pignata taliata `un vugghi mai” (la pentola guardata non bolle mai) che fa riferimento all’attesa: quando una cosa si aspetta non arriva mai).


immagine  - un recinto di pecore - da internet


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