martedì 6 luglio 2021

La Bucolica - L'Invernu - Idillio X - La Villa Favurita

 

Giovanni Meli

La Bucolica

L'Invernu

La Villa Favurita

di S.R.M.

Firdinannu III

Re di li Dui Sicilii


LA BUCOLICA di G. Meli INDICE PARTI

Questo Idillio non può essere visto come una dedica della Bucolica a sua maestà Re Ferdinando III Re delle due Scilie – che si stabilì a Palermo dopo la sua fuga da Napoli. Meli conobbe il Re Ferdinando ed ebbe modo di incontrarlo più volte, ed apprezzava molto l’interesse che i sovrano manifestava per la cura degli armenti.  

 Il Poeta Giovanni Meli odiava le adulazioni, anche se non si sottrasse a dedicare poesie a personaggi illustri del suo tempo;  c’era però  sempre una motivazione più forte e più elevata; e nel caso di questo Idillio la motivazione è ben chiara: Meli ama la Pace e  vede in Ferdinando il Re che preserva la Sicilia dalla Guerra; e vuole nel contempo indicare a Ferdinando la vocazione della Sicilia come Terra destinata all’Agricoltura e alla trasformazione dei prodotti agricoli; riprende in questo idillio i temi già trattati nell’Egloga – Munti Erei e nell’Idillio intitolato a Teocrito. 

IDILIU X

 

La Villa Favurita

DI

S. R. M.

FIRDINANNU III

RE DI LI DUI SICILII (1)

 

Siciliani Musi, ora chi agghiorna,                     Siciliane Muse, ora che fa giorno,

E l'ariu abbunazzatu,  e risulenti                     e l’aria di bonaccia risplendente

Ci fa spirari chiù felici jorna,                             ci fa sperare più felici giorni,

 

Animati l'armonic’istrumenti,                          animate gli armonici strumenti,

Giacchi lu sonu di la mia sampugna                giacchè il suono della mia zampogna

Scurri sulu tra pecuri, ed armenti.                   scorre solo tra pecore, ed armenti.

 

Puru la manu, chi lu scettru impugna             Eppure la mano, che lo scettro impugna

Non isdegna canciarlu tra cert'uri  (2)            non sdegna  cangiarlo in certe ore

Cu rozza virga, ed a li mandr’incugna.            con rozza verga,  e alle mandrie si avvicina.

 

Apollu, tu ch'un tempu da pasturi                  Apollo, tu ch’un tempo da pastore

Jisti di lu Re Admetu pasculannu  (3)              sei andato dal Re Admeto pascolando

Li vacchi tra li Tessali chianuri,                         le vacche tre le Tessaglie pianure,

 

Veni a guardarli in oggi a Firdinannu,             vieni a guardarle oggi a Ferdinando,

Ch'avrai tra macchi ruvidi, e sarvaggi             che avrai tra macchie ruvide, e selvagge

Scannatu un lupu in sagrifiziu ogn'annu.        Scannato un lupo in sacrificio ogn’anno,

 

Ti avvertu : incuntrirai tra sti villaggi              Ti avverto: incontrerai tra questi villaggi

Dafni chiù belli, e nobili,  e gentili  (4)             Dafnì più belli, e nobili, e gentili

Ma non menu di chidda onesti e saggi.          ma non meno di quelli onesti e saggi.

 

La riali famigghia 'un avi a vili     (5)                  La reale famiglia non disprezza

Di Cereri,  di Augea,  di Tritolemu,  (6)            di Cerere, di Augea, di Trittolemo,

E di li primi età lu saggiu stili:                            e delle prime età il saggio stile:

 

Cu l'innoccenza a latu nui videmu                   con l’innocenza accanto noi vediamo

L'eccelsi Ninfi ‘ntra li virdi prati,                       l’eccelse Ninfe tra i verdi prati,

E appena all'occhi proprii cridemu.                 E appena aglio occhi propri crediamo.

 

Oh Apollu, tu pri mia scoti l'aurati                Oh Apollo, tu per me scuoti le dorate

Cordi di la tua lira, è di tia dignu                    corde della tua lira, è di te degno

Lu tema chi ti dà la nostra etati,                    il tema che tidà la nostra etade.

 

Lu Re, lu patri nostru a tia cunzignu,              Il Re, il padre nostro a te consegno,

Dà a lu to cantu tanti graziì e preggi,             dai al tuo canto tante grazie e pregi,

Quant'è lu cori sò giustu e benignu;               quanto è il cuore suo giusto e benigno;

 

Pri cui l’Eternu, chi lu tuttu reggi,                 per cui l’Eterno, che il tutto regge,

Salvu da lu flagellu universali                         salvo dal flagello universale

Ccà tra nui lu cunzerva e lu proteggi,           qui tra noi lo conservi e lo protegga,

 

Sinu chi lu gran mostru colossali (7)              sino a che il gran mostro colossale

(Natu da sceleraggini e rapini,                       (nato da scellerataggine e rapine,

Cabali, intrichi, straggi e immenzi mali,       cabale, intrighi, stragi e immensi mali,

 

Crisciutu tra saccheggi,  e tra ruini               cresciuto tra saccheggi, e tra rovine

Di l'arsi Tempj,  e ruvinati Troni,                  degli arsi Tempii, e rovinati Troni,

Tra orruri ed empietati)  avirrà fini.             tra orrori ed empietà) avrà fine.

 

Lu celu già lu fulmina, ed opponi                 Il cielo già lo fulmina, ed oppone,

La Gran Brittagna a cechi soi fidanzi,          la Gran Bretagna alla cieca sua fiducia,

E la sfrinata propria ambizioni.  (8)             e la sfrenata propria ambizione.

 

Ma la sampugna mia li conzonanzi              Ma la zampogna mia le consonanze

Nun à proporzionati a lu suggettu,  (9)       non ha proporzionate al soggetto,

Supplisci Apollu, tu li mei mancanzi,            supplisci Apollo, tu le mie mancanze,

 

Ch'eu ritornu a li campi, a lu ricettu             che io ritorno ai campi, al ricetto

Di l'armenti reali, e in praterii                       degli armenti reali, e in praterie

Pasciu la vista e l'alma di dilettu.                  pascolo la vista e l’anima di diletto.

 

Tra grassi mandri, eu trovu, e in massarii        Tra grasse mandrie, io trovo,  e in masserie,

L'amica Paci a Firdinannu allatu. (10)                l’amica Pace a Ferdinando accanto.

Chi a la discordia ria, chiusi li vii.                       Che alla rea discordia chiuse le vie.

 

Indarnu chista sùrfari  à ghittatu.                   Invano questa fiammiferi ha buttato.

Tutti li sfurzi soi muntanu a zeru,                  Tutti i suoi sforzi montano a zero,

Focu di pagghia è subitu astutatu.                 Fuoco di paglia è subito spento.

 

Ed eccu mentri brucia l'emisferu                   Ed ecco mentre brucia l’emisfero

Tra li guerri, li straggi e li rapini,                     tra le guerre, le stragi, le rapine,

Ccà la Paci à fissatu lu so imperu.                  qui la Pace ha fissato il suo impero.

 

In traccia d'idda, vennu a sti confini             In traccia d’ella, cengono a questi confini

Li boscarecci Dei quasi vulannu:                    gli Dei del bosco quasi volando:

Fauni, Silvani e Ninfi senza fini.                     Fauni, Silvani e Ninfe senza fine.

 

Li setti canni armonici sunannu                      Le sette canne armoniche suonando

Lu capri-pedu Pani a manu junti                     il capro-piede Pan a mani giunte

Godi lu novu Gianu cuntimplannu. (11)        gode il nuovo Giano contemplando.

 

Li grassi vacchi coprinu li munti                      Le grasse vacche coprono i monti

D'immenza tagghia e di biddizza summa       d’immensa taglia e di bellezza somma

Da l'àuti schini a li lunati frunti,                       dall’alte schiene alle lunate fronti.

 

Da Capu Gaddu eccu una guardia assumma, (12)     Da Capo Gallo ecco una guardia somma,

Nàutra e pò nàutra affaccia da Munneddu,                un’altra e poi un’altra affaccia da Mondello,

Di muggiti ogni vàusu rimbumma.                                di muggiti ogni balza rimbomba.

 

Àutri a la mandra su cu lu viteddu,                    Altre alla mandria sono con il vitello,

Àutri pròinu già li minni chini                             altre porgono gia le mammelle piene

A li pasturi misi a cuncumeddu, (13)                 ai pastori messi coccoloni,

 

Li zammatari  dintra di li tini                             I formaggiai dentro i tini

Raccogghinu lu latti, chi si munci                    raccolgono il latte, che si munge

Cuverti di puliti, e bianchi lini.                          coperti di puliti, e biamchi lini.

 

Cui quadari arrimina, nàutru junci                Chi caldaie mescola, un altro aggiunge

Pabulu novu a la ciamma di sutta:                alimento nuovo alla fiamma di sotto;

Cui li provuli appenni pri li funci. (14)           chi provole appende per la testa.

 

Cussì si vidi sempri in motu tutta                  Come si vede sempre in moto

La famigghia di l'api, a la prisenza (15)         la famiglia delle api, alla presenza

Di la rigina ‘ntra un fasceddu o grutta:         della regina in un alveare o grotta,

 

Cui fabbrica li vrischi, cui dispenza                 chi fabbrica le celle, chi dispenza

La raccugghiuta cira, cui deponi                    la raccolta cera, chi depone

Lu meli tra li nicchi unni condenza.               Il miele in nicchie ove condenza.

 

Cui fa la guardia attornu, cui si esponi          Chi fa la guardia attorno, chi si espone

A sgravari lu pisu a li chiù stanchi,                a sgravare il peso ai più stanchi,

E tutti fann'un corpu in azioni.                       e tutti fanno un corpo in azione.

 

Tali avanti a lu Re tra li soi vanchi               Tale davanti al Re tra i loro banchi

L'operari chiù celebri ed esperti                  gli opratori più celebri ed esperti

Lavuranu li caci,  e tumi bianchi;                  lavorano i caci, e tume bianche;

 

Tentannu sempri l'utili scuverti                  tentando sempre utili scoperte

Pri lu produttu rènniri migghiuri,               per il prodotto rendere migliore,

E già li provi su custanti e certi.                 e già le prove sono costanti e certe.

 

Porta un caciu di Lodi lu sapuri (16)          Porta un cacio di Lodi il sapore

Cu l'occhi lagrimanti a dda firita,               con occhi lagrimanti per il grasso,

Nàutru a Piacenza ci farria un onuri.        un altro a Piacenza ci farei un onore.

 

Cussi tra brevi vidiremu unita                     Così a breve vedremo unita

L'arti cu la natura, ed a rigatta                     l’arte con la natura, ed a gara

Fari a cui putrà chiù l'opra compita.          fare a chi potrà più l’opera compiuta.

 

Li rigali di Palla àutru si adatta (17)             La regale di Pallade altro si adatta

A rènniri chiù scarrichi e chiù boni,            per rendere più saporiti e più buoni,

E già chiddi di Lucca o vinci o appatta.       e già quelli di Lucca o vince o pareggia.

 

C'è cui di Baccu modera e componi            C’è chi di Bacco modera e compone

L'indomita superbia, e già lu renni             l’indomita superbia, e già lo rende

Trattabili cu dami e cu matroni.  (18)         trattabile per dame e matrone.

 

Cui di Pomona chiù l'imperiu estenni , (19)     Chi di Pomona più l’impero estende,

E lu ramu, chi all'àutru si marita                         e il ramo, che all’altro si sposa

Vidi li non soi frutti e sì sorprenni. (20)              vede i suoi non frutti e si sorprende.

 

L'industria, chi da nui s'era sbandita            L’industria, che da noi era sbandata

Pri la fertilità, e l'avvilimentu,                       per lo sviluppo, e l’avvilimento,

Ora si accosta pirchì un Re la invita.            ora si accosta perché un Re la invita.

 

Sicilia mia, ravviva lu talentu, (21)                Sicilia mia, ravviva il talento 

Ricordati li tempi di Geruni, (22)                  ricordati i tempi di Gelone,

Ch'eri mustrata a tutti pri purtentu.            quand’eri mostrata a tutti per portento.

 

Si nun ti à scossu ancora lu comuni            Se non ti ha scosso ancora il comune

Vantaggiu, né  la gloria, ti scota                   vantaggio, né la gloria, ti scuota

Ora l'esempiu di lu to patruni,                     ora l’esempio del tuo padrone.

 

Apri l'occhi, risbigghiati ‘na vota                 Apri gli occhi, risvegliati una volta

Vidi li campi inculti, abbandunati,              vedi i compi incolti, abbandonati,

Chi scurriri si ponnu a brigghia sciota.       che scorrere si possono a briglia sciolta.

 

Vidi li munti in testa scalvarati,                    Vedi i monti con le teste calve,

Mentri vai mendicannu e ligna e travi         mentre vai mendicando legna e travi

Da li luntani ed esteri cuntrati.                     dalle lontane estere contrade.

 

Tu chi un tempu l'Italia abbunnavi                Tu che un tempo abbondavi

Di frumentu e ligumi, ed ora a stentu           di frumento e legumi, ed ora a stento

L'abitaturi pri l'abbastu n'àvi?                        l’abitante per la necessità ne ha?

 

E tu pensi a li pompi, all'ornamentu,            E tu pensi alle pompe, agli ornamenti,

A carrozzi ed a modi ! E nun avverti            a carrozze e a mode! E non avverti

Chi la terra è lu to primu elementu ?          che la terra è il tuo primo elemento?

 

Forsi ài sostituiti àutri scuverti                   Forse hai sostituito altre scoperte

O di commerciu o di mani fatturi,              o di commercio o di manifatture,

Assai chiù di la terra utili e certi?                molto più della terra utili e certe?

 

Ma duvi di la Patria l'amuri                                Ma dove della Patria l’amore

Mi à traspurtatu ! Oh Musa chiudi l'ali             mi ha trasportato! Oh Musa chiudi le ali

Chi a la Cità mi chiamanu li curi;                       che la città mi chiama le cure;

 

In idda mi à ‘nchiuvatu lu fatali                        in essa mi ha inchiodato il fatale

Distinu. Ah va sampugna, tra ‘na gnuni          destino. Ah vai zampogna, tra un angolo

Giacchi la sorti, ohimè, ni tratta mali.            giacché la sorte, ohimè, ci tratta male.

 

Dura nicissità, chi nun perduni                          Dura necessità, che non perdoni

Mancu a un discretu e simplici disiu !              neanche ad un discreto e semplice disio!

Oh ! putissi esclamari cu Maruni : (22)            Oh ! potessi esclamare con Marone:

Chist'ozii grati mi l'à fattu un Diu !                   questi ozi grati me li ha fatti Dio!

 NOTE

1)      Il Re Borbone Ferdinando III di Sicilia, (conosciuto anche come Ferdinando IV Re di Napoli)  nel 1798, per cacciare i francesi fece allenza con l’Austria e l’Inghilterra e marciò contro la Repubblica Romana con un esercito comandatato da lui stesso e dal generale austriaco Mack. Sorprese gli avamposti francesi e facimente occupò Roma. Ma successivamente perse in tre battaglie (Rigano – Calvi e Utricoli) e inseguito dai francesi  comandati dal generale Scampionnè, tornò a Napoli, dove raccolti i tesori di Stato e scappo a Palermo.  Napoli rimase nel disordine e senza governo e gli stessi ceti borghesii di Napoli chiamarono i francesi per mettere ordine (fu  in qui giorni proclamata la Repubblica Partenopea). Ferdinando,   tornò a Napoli dopo gli accordi con Napoleone nel 1802, ma a causa dell'invasione francese del regno di Napoli   ritornò a Palermo nel 1805 e vi rimane fino alla ricostituzione del regno di Napoli nel 1816.

Negli anni della sua permanenza in Sicilia a Palermo il Re Ferdinando  villeggiava spesso presso La  Villa Favorita  (residenza  nelle adiacenze del Parco della Favorita voluto dallo stesso Ferdinando ) e si dedicava anche personalmente ad attività agricole e alla pastorizia.

 All’interno della Villa Favorita è insediata la particolare Palazzina Cinese che fu adibita anche a residenza della Favoria del Re Ferdinando  - Lucia Migliaccio.  Sulle tenute reali del Borbone in Sicilia si può consultare l’approfondito studio di  Ettore Sessa.

Il periodo di residenza del Re Borbone in Sicilia fu denso di eventi eventi rilevanti sul piano delle riforme, e nel 1812 nasce il Parlamento siciliano.  

2)       Re Ferdinando  giunto la seconda volta a Palermo volle conoscere il poeta  Giovanni Meli.  Dinanzi alla casa del Meli arrivò un giorno  la carrozza del Duca di Ascoli capo primario del Re. Il Duca invitò il poeta ad andare  a pranzo dal Re  la prossima domenica. Presentatosi a lui ne ottenne il più grazioso accoglimento e queste gentilissime parole: Io so per fama che voi fate onore al mio regno colle vostre bellissime poesie, desiderava di conoscervi, e a tale oggetto vi ho fatto venire, bramo poi di leggere i vostri componimenti. Ci fu anche qualche successivo incontro – come dalle memorie storiche su Meli di Edoardo Alfano – Studii e documenti su Giovanni Meli.

3)      Admeto e Apollo – riferimento mitologico. Quando Apollo venne condannato dagli dèi per aver ucciso i Ciclopi, gli fu imposto  di essere servitore di un umano per nove anni, essi scelsero la casa di Admeto, ed Apollo divenne il suo pastore, curandone anche i cavalli. Apollo rimase così stupito del trattamento benevolo di Admeto che il dio gli fece dono di far partorire a tutte le sue mucche dei gemelli.

4)      Dafni, qui il nome Dafni è riportato in modo egenerico e può riferirsi al pastore siciliano Dafni siciliano.  come a Dafne del mito di Apollo e Dafnre , o addirittura ad una intero stuolo di semidei.

5)      Nun àvi a vili – non avere a vile – nel senso di non disprezzare.

6)      Cerere,  Augea , Trittolemo  alcuni riferimenti mitologici.

7)      Il mostro colossale è Napoleone. Il poeta non risparmiò critiche contro tale personaggio che considerò come fautore di guerre e distruzione.

8)      Gruppo diversi difficili,  che abbiamo tradotto in forma rigorosamente letterale. Fanno riferimenti a più fatti: un fulmine avea relamente colpito la statua dell’Europa piegata innanzi a quella di Filippo IV nel largo del Real Palazzo. Quella statua rovesciata e fatta a pezzi dal fuoco del cielo mise in gran pensiero Ferdinando III che ne apprese il fenomeno qual di tristo augurio per lui che in pace occupava un angolo dell’Europa, il solo rimasto salvo dalla potenza del gran guerriero Napoleone. Il Duca d’Ascoli che scorgeva oppressa la mente del sovrano dalla nebbia di un triste presaggimento recossi a Meli pregandolo di scrivere un componimento che potesse sgombrargliela. Ed egli in pochi giorni stese sette bellissime ottave in cui con delicata cortigianìa diessi ad interpetrar quell’avvenimento in favore del Sovrano, manifestando che se il fulmine disprezzato avea la statua del IV Filippo bene innestato alla dinastia borbonica e colpita l’Europa indicava che rispettar dovea il successore di quel Sovrano e la forza degl’inglesi unita a quella dei Siciliani abbattere le conquiste continentali della Francia. Come dalle memorie storiche su Meli di Edoardo Alfano – Studii e documenti su Giovanni Meli.  Forse, allude anche alla battaglia di Abukir, vinta dall’ammiraglio Nelson.

9)      Il Poeta pare voglia arrendersi sulla possibilità di dare indicazioni al Re  con la sua zampogna e supplica il Dio Apollo.

10)   E’ la Pace il punto di riferimento del poeta Meli, la Pace che lo fa parteggiare per il Re Fedinando. Si rivela qui il motivo più profondo anche della scelta di questo Idillio, dedicatoi ad un Re ma rivolto soprattutto al suo desiderio di Pace.

11)   L’ardua similitudine di Re Ferdinando è con Giano – Dio ed anche Re –con la capacità di avere due volti – che guardano al futuro e al passato. Nel mito Giano avrebbe regnato come primo Re del Latium.

12)   Da Capo Gallo  a Munneddu - Mondello – è anche la vastità del cosiddetto Parco della Favorita.

13)   A cuncumeddu – a coccoloni – accovacciati sulle calcagna e in atto di mungitura delle vacche.

14)   Appenni pri li funci – nell’atto di appendere una provola si viene a creare una parte in alto raggomitolata a somiglianza di fungo.

15)   L’operosità delle api viene qui posta in somiglianza.

16)   Qui descrive le varietà di formaggi di varie parti d’Italia che possono ben essere riprese in Sicilia.

17)   Pare riferimento alla saggezza e alla ragione di Pallade Atena.

18)   Riferimento alla capacità di mescolare vini forti con più leggeri.

19)   Pomona  - riferimento alla mitologia romana, protettrice dei frutteti.

20)   Descrive la pratica degli innesti, per cui rami con frutti non commestibili diventano rami con frutti saporiti.

21)   Il Poeta Meli, come aveva già fatto nell’Egloga -  Munti Erei – esprime la vocazione della Sicilia come terra il cui destino è legato all’Agricoltura e ad una industria ben legata alla produzione agricola.

22)   Riferimento a Gelone tiranno di Siracusa – già il poeta aveva abbondantemente magnificato quei tempi nell’Idillio Teocritu.

23)   Riferimento a Publio Virgilio Marone. In una nota dello stesso Meli all’edizione del 1814 – si riporta:

Deus nobis haec otia fecit – alludendo a Cesare Augusto che aveda dato a Virgilio un podere per trarne sussistenza, onde passare il resto della sua vita in quegl’ozi tanto cari alle Muse, ed al filosofo contemplatore della Natura.

Immagine – Palazzina cinese di Villa Favorita – Palermo da:

LA BUCOLICA di G. Meli INDICE PARTI

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