venerdì 6 novembre 2020

Le qualità sono spesso nascoste – Favola Morale

 

Nella XVIII Favola -  "Li Cucucciuti"

Giovanni Meli ci dice che quando in uno Stato

primeggiano le fazioni si danno onori e privilegi

ai più stupidi e le migliori qualità rimangono

nascoste.  



LI CUCUCCIUTI    (1)                                                 LE LODOLE CAPELLATE  (1)

 

Si avia pisatu un'aria di frumentu,                          Sia aveva trebbiato un’aria di frumento,

Cu li voi cuncirtati a varii stracqui; (2)                   con i buoi legati a varie corde;  (2)

Ma nun si spagghiau beni, chi lu ventu                 ma non si spagliò bene, perché il vento

Spirau cutrariu, e poi vinniru l'acqui;                     spirò contrario e poi vennero le piogge;

Perciò la pagghia ristau supra tutta,                        perciò la paglia restò sopra tutta,

Comu chiù leggia, e lu frumentu sutta.                  poiché più leggera, e il frumento sotto.

 

Dui cucucciuti o tri di primu volu                          Due allodole o tre di primo volo

Ci foru supra pri pizzuliari;                                    andarono sopra per beccare;

Ma trascurrennu lu supremu solu                           ma strascurando la superfice del suolo

Autru chi pagghia 'un pottiru truvari,                     altro che paglia non poterono trovare,

E ni ristaru cursi e nichiati                                      e ne restarono corrivi e corrucciati

Malidicennu tutti ddi cuntrati.                                  maledicendo tutte quelle contrade.

 

Dicianu: “Lochi fatti pri li staddi,                              Dicevano: “luoghi fatti per le stalle,

Nun siti digni d'essiri abitati                                     non siete degni di essere abitati

Chi da li suli scecchi e li cavaddi.”                            che dai soli asini e cavalli.”

Ma l'autri oceddi chiù scaltri e addistrati               Ma gli altri uccelli più scaltri e addestrati

Di l'aria scavulìanu lu funnu,                                     dell’aia razzolano il fondo,

E trovanu frumentu grossu e biunnu.                      e trovano frumento grosso e biondo.

 

Quannu in un statu ci sù fazioni,                              Quando in uno Stato ci sono fazioni,

E partiti e politicu scuncertu,                                    e partiti e politico sconcerto,

Li suggetti prudenti, saggi e boni                             i soggetti prudenti, saggi e buoni

Si stannu sutta, misi a lu cuvertu,                            si stanno sotto, messi al coperto,

E lassanu a li pagghi li chiù leggi                              e lasciano alle paglie più leggere

Godirisi l'onuri e privileggi.                                        godersi gli onori e privilegi.

 

 

Note

1)        Per questi uccelli chiamati cucucciuti, in una nota all’edizione del 1814 si fa esplicito

riferimento alle lodole capellate.

2)      La pesatura o trebbiatura, avveniva su un’aia (ampio spazio in terra battuta); si

disponevano le gregne (fasci di spighe di grano), si slegavano i fasci in modo che

l’intera aia fosse piena di spighe, e si passava con buoi o con cavalli sopra il letto

di spighe in modo che i piedi degli animali frantumassero le spighe e facessero

uscire il grano. Gli stracqui, di cui parla il Meli, erano un modo di legare a due o

a tre gli animali. Un contadino poi si metteva al centro dell’aia tenendo la corda e faceva

in modo che gli animali continuassero a girare, altri contadini spingevano sempre

sotto i piedi degli animali le spighe. Alla fine si spagliava in modo che il vento

 trasportasse la paglia in cumoli lontani e e il grano veniva a cadere in cumoli vicini.

Alla fine della trebbiatura alcuni chicchi potevano rimanere in qualche fenditura

del terreno e puntuali arrivavano le lodole che con paziente ricrca recuperavano

il loro cibo.


INDICE FAVOLE MORALI


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domenica 25 ottobre 2020

L'USURAIO

 


Cosa fa l'usuraio: presta e poi....

In questa favola Giovanni Meli fa dire

ad Esopo le qualità dell'usuraio

XVII - ESOPU E L'OCEDDU LINGUA-LONGA    





ESOPU E L'OCEDDU LINGUA-LONGA      ESOPO E L’UCCELLO LINGUA-LUNGA

 

Vidi Esopu in terra stisu                                Vide Esopo in terra steso

Un oceddu; ma si accorgi (1)                         un uccello; ma si accorge (1)

Chi per arti ci sta misu;                                  che per arte ci sta messo;

Una lunga lingua sporgi                                  una lunga lingua sporge

Da lu beccu, chi la lassa                                  dal becco, che la lascia

A l'arbitriu di cui passa.                                  all’arbitrio di chi passa.

 

Ed infatti china tutta                                      Ed infatti piena tutta

Di furmiculi già era:                                       di formiche già era:

Licca ogn’una, ma poi scutta                       lecca ognuna, ma poi sconta

La sua detta tutta intera,                                il suo debito tutto intero,

Chi la lingua in ritirarisi                                  perché la lingua nel ritirarsi

Veni tutti ad ammuccarisi.                            viene tutte ad inghiottirsi.

 

Ridi Esopu, e dici: Or iu                                    Ride Esopo, e dice: Or io

Differenza né divariu                                        differenza né divario

Nuddu affattu ci nni viu                                   niente affatto ce ne vedo

tra st'oceddu e l'usurariu:                                tra quest’uccello e l’usuraio:

'Mpresta, e poi cu usuri e frutti                      presta, e poi con usura e interessi

Tuttu agghiommara ed agghiutti.                   tutto raccoglie ed inghiotte.

 

Nota

1)       Per l’uccello dalla lingua lunga, nella nota alla edizione del 1814, si fa esplicito cenno

    al picchio rosso maggiore Picos major Linn. (ove per Lin. si intende la classificazione

    generale di Linneo). In questa favola  Meli usa  la qualità  di osservazione di Esopo,

     che scorge nel comportamento dell’uccello un deplorevole  comportamento umano.

Immagine - Picchio rosso maggiore


INDICE FAVOLE MORALI


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sabato 10 ottobre 2020

Cosa disse il grande architetto …

 

Poesia di Giovanni Meli sulle qualità

più importanti per l’Uomo

Il poeta scelse di farle dire al più

grande architetto tra gli animali:

il CASTORO costruttore di dighe.


LXVI delle Favole Morali

LU CASTORU E AUTRI ANIMALI   

(Il Castoro e altri animali)

Spesso lodiamo le qualità del  capace,

del furbo, del vincente.

Ma qual’è il vero talento,

quello più importante? - 


 

 

LU CASTORU E AUTRI ANIMALI              IL CASTORO E ALTRI ANIMALI                   

                

Un Castoru elogii senti                              Un castoro elogi sente

Di una Vulpi celebrari:                                di una volpe celebrare:

Cui lodava li talenti,                                    chi lodava i talenti,

Cui li soi maneri rari.                                  chi le sue maniere rare.

 

Dici a chisti: “In preggi tanti,                   Dice a questi: “In pregi tanti,

Chi mi aviti decantati,                                che mi avete decantati,

Pirchì 'un sentu misi avanti                       perché non sento messi avanti

Bona fidi e probitati?                                 buona fede e probità?

 

Sù li primi chisti tali,                                Sono le prime queste,

E senz’iddi ‘un vannu un cornu                e senza di esse non valgono un corno

L’àutri preggi, anzi chiù mali                    gli altri pregi, anzi più male

Fannu a tuttu lu contornu.”                       fanno a tutto il contorno.”

 

Ddocu vitti chi ammuteru;                        Qui vide che ammutolirono;

Iddu torna a lu so tonu:                               lui ritorna al suo tono:

“Lu talentu è pri mia zeru,                         “Il talento è per me zero,

Si lu cori nun è bonu.”                                se il cuore non è buono.”

 



Giovanni Meli ritenne che il contenuto esposto in questa sua 

favola fosse rilevante e volle, anche dopo la pubblicazione  del 1814, ritornarci sopra  per 

aggiungere altre rime di specificazione. Queste rime furono trovate da Agostino Gallo  

che le inserì nel volume VIII postumo delle poesie di Giovanni Meli. Qui per completezza 

li andiamo ad inserire dopo la Favola (vanno però considerate come appunti del poeta

non  resi definitivi da una sua scelta  di pubblicazione).


Dal volume VIII postumo di Giovanni Meli -  una aggiunta del Poeta esplicativa

della poesia su Castoro.



Cuntinuazioni di la favula


LU CASTORU E AUTRI ANIMALI


Cca finisci lu testu; jeu vi promisi                    Qua finisce il testo; io vi promisi

Chi a drittu o a tortu ci avia cafuddari (1)     che in un modo o nell’altro ci avevo a dar sotto

Qualchi moralità; si lu curtisi                           qualche moralità, se il cortese

Letturi franca mi la fa passari,                          lettore franca me la fa passare,

Ci la dugnu pri vera e dimostrata,                   gliela do per vera e dimostrata,

Pirchì da longa esperienza è nata.                  perché da lunga esperienza è nata.

 

Nun sempri è saggiu l’omu pirchi è dottu,        Non sempre è saggio l’uomo perché è dotto,

Né sempri è dottu l’omu pirchì è saggiu,           né sempre è dotto l’uomo perché è saggio,

Cui quattru e quattru nun sa chi fannn’ottu,      chi quattro e quattro non sa chi fann’otto,

Spissu in costumi è a Socrate paraggiu:            spesso in costumi è  a Socrate pareggio:

Nautru chi a li scienzi va di trottu                     un altro che alle scienze va di fretta

Po sciddicari ‘ntra un libertinaggio,                    può scivolare in un libertinaggio,

O, si mai junci ad un postu eminenti,                 o, se mai giunge ad un posto eminente,

Po divintari superbu e isulenti.                              può diventare superbo e insolente.

 

 Sunn’utili a lu Statu li scienzi;                             Sono utili allo Stato le scienze;

Ma però la saggizza e lu custumi                         ma però la saggezza e il costume

Su’ necessarj e su’ l’unici menzi                          sono necessari e sono gli unici mezzi

Pri mantiniri l’argini a stu ciumi.                         per mantenere gli argini a questo fiume.

Giacchi pri istintu propriu a volenzi                    Giacché per istinto proprio a violenze

L’omu è purtatu, e assai di sé prisumi:                 l’uomo è portato, e assai di sé presume:

E sin da lu so nasciri palisa                                   e sin dal suo nascere palesa

Sta sua tinnenza ben chiara e decisa.                    questa sua tendenza ben chiara e decisa.

 

Chi si ad un picciriddu dati in manu                     Che se ad un bambino date in mano

Un pupu, a lu momentu è decollatu,(2)                un pupazzo, al momento è decollato,

E doppu pocu ‘un ci n’è un pezzu sanu.               e dopo poco non ce n’è un pezzo sano.

Granni di la ragiuni è raffrenatu,                          Grande dalla ragione è raffrenato,

Ma lu ‘nsitu di chista spissu è vanu, (3)                ma l’innesto di questa spesso è vano,

Pirchì veni a l’istanti suffucatu                             perché viene all’istante soffocato

Di passioni chi pri lu so ritaggio                           di passioni che per il suo retaggio

Caccia di sutta lu truncu sarvaggiu.                      caccia di sotto il tronco selvaggio.

 

Note

1)     Cafuddari, scaricare bastonate, darci sotto; in questo caso aggiungere per meglio spiegare

la morale della favola..

2)     Decollato, prende il volo per la meraviglia,

3)     ‘Nsitu, innesto. La ragione viene qui considerata come un innesto ad un albero.

Immagine da https://liceoberchet.edu.it/ricerche/geo5d_04/America_Nord/Canada/castoro.htm

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