martedì 6 luglio 2021

La Buccolica - L' Està - l'estate - EGLOGA IV

 




Giovanni Meli

La Bucolica

l'Està

l'Estate

EGLOGA IV



LA BUCOLICA di G. Meli INDICE PARTI

EGLOGA IV

Interlocutori :

TITIRU, SILVANU e poi TIRSI CANTA

Silvanu:                                                                      Silvano:

Titiru, tu chi posi e ti stinnicchi                              Titiro, tu che posi e ti stendi

Sutta un'arvulu anticu di carrubba,                      sotto un albero antico di carrubo,

E amannu ti cunzumi in chianti e picchi.              e amando ti consumi in pienati e gemiti.

 

Lassa ssi voschi e ss'aria niura e cubba;               Lascia questi boschie e quest’aria nera e cupa;

Torn'a la mahdra e sona la sampugna,                torna alla mandria e suona la zampogna,

Chi  'un c' è Satiru ddà, chi ti distrubba.               che non c’è Satiro là, che ti disturba.

 

Nessunu sicci vota,  e sicc’incugna                      Nessuno si ci dedica, e si ci avvicina

A li toi crapi, e pirchì tu 'un ci ài cura                  alle tue capre, e perché tu no ne hai cura

Autru nun sunnu, ch'ossa, peddi ed ugna.        altro non sono, che ossa, pelle e unghia.

 

Anz'eu, circannu a tia, li vitti antura                  Anz’io, cercando  a te, li vidi poco fa

Ntr'alpestri vàusi, mmenzu disi e spini,             tra gli alpestri balzi, in mezzo a disa e spine,

Unni mancu c' è un'umbra di virdura.               dove neanche c’è un’ombra di verdura.

 

E li crapetti màghiri  e mischini                          E i capretti magri e poverini

Sempri fannu na vuci, e sù ridutti                     sempre fanno una voce, e sono ridotti

Ch'ànnu li ventri ‘mpinti  cu li rini.                    che hanno il ventre attaccato alle schiene.

Titiru:                                                                     Titiro:

Silvanu caru, ahimè ! sfumaru tutti                  Silvano caro, ahimè! sfumarono tutti

Ddi jorna in cui l'allegri mei canzuni                 quei giorni in cui le allegre mie canzoni

Avianu apprisu a rènniri li grutti,                    avevano appreso a rallegrare le grotte,

 

Quannu di ciuri adornu lu muntuni,              quando di fiori adorno il montone,

Facìa jiri superbu pri li campi                         facevo andare superbo per i campi

Cu li rivali a fari lu scarciuni.                           con i rivali a fare lo spaccone.

 

In canciu, ohimè ! di ddi bizzarri lampi,         In cambio, ohimè! di quei bizzarri lampi

Di ddi nnuccenti fochi giuvanili,                       di quegl’innocenti  fuochi giovanili,

Aiu in pettu antri sciammi ed antri vampi;      ho in petto altre fiamme ed altre vampe;

 

Un non so chi, chi prima fu gentili,                          Un non so che, che prima fu gentile,

E 'un appurtau chi un duci batticori,                       e non apportava che un dolce batticuore,

Quantu ora è amaru, ohimè! quant'è crudili!       quanto ora è amaro, ohimè! quant’è crudele!

 

Iddu reggi li sensi e li paroli,                                  Egli regge i sensi e le parole,

Iddu cumanna; e tu mi vói cuntenti ?                  egli comanda; e tu mi vuoi contento?

La cuntintizza veni da lu cori.                                 la contentezza viene dal cuore.

Silvanu:                                                                      Silvano:

Eu era nicu  ed àju ancora a menti,                     Io ero piccolo ed ho ancora a mente,

Chi lu vecchiu Menalca mi dicìa:                         che il vecchio Menalca mi diceva:

Ch'àmanu l'ervi ed àmanu li venti,                      che amano l’erbe ed amano i venti,

 

E chi ddu ciumiceddu chi scurria                        e che quel ruscello che scorreva

Sutta li nostri pedi murmurannu,                       sotto i nostri piedi mormorando,

Mi diceva iddu, chi d'amuri ardia;                      mi diceva lui, che d’amore ardeva;

 

E l’ociduzzi, chi pri l'aria vannu,                       e gli uccellini, che per aria vanno,

Ntra lu curuzzu sò nicu e gentili,                     nel loro cuore piccolo e gentile,

Anchi d'amuri la fileccia c’ànnu.                      anche d’amore la freccia c’hanno.

 

E puru chisti cu suavi stili                                Eppure questi con soavi stili

Cantanu tutti l'uri e su fistanti;                      cantano tutte l’ore e sono festanti;

Dunca amuri nun è tantu crudili.                   Dunque amore non è tanto crudele.

 

Rìdinu l'ervi in vrazzu a la sua amanti          Ridono l’erbe in braccio alla sua amante

Primavera, adurnannuci di ciuri                    primavera, adornancoci di fiori

Lu bell'abitu sò vagu e galanti.                      Il bell’abito suo vago e galante.

 

E tu, Titiru, chianci di tutt'uri!                        E tu, Titiro, piangi a tutte l’ore!

Cunsolati; si pasci,  sì di peni,                         Consolati; se pasci, così di pene,

Ma poi nun voli genti morti Amuri.               ma Amore non vuole gente morta.

Titiru:                                                                     Titiro:

Senti ssa sfrattatina? Forsi veni  (1)                      Senti questo calpestio? Forse viene

Oualch'unu a nui? Sì, viju spuntari un cani,       qualcuno  da noi? Sì, vedo spuntare un cane,

Oh ! c'è Tirsi chiù supra e si tratteni:                  Oh! c’è Tirsi più sopra e si trattiene:

 

Sta ntra na macchia; e comu lu Diu Pani         sta tra una macchia; e come il Dio Pan

Smiccia na ninfa, ch'avi un picureddu;            osserva una Ninfa, che ha un agnellino;

E fila cu la rocca o linu, o lani.                           e fila con il fuso o lino, o lana.

 

O Tirsi, Tirsi, statti cuiteddu;                                Oh Tirsi, Tirsi, stattene tranquillo;

Nun smicciari li ninfi di Diana;                             non osservare li ninfe di Diana;

Chi 'un pensi di Atteuni a lu maceddu?(2)       Che non pensi di Atteone al macello?

 

Iddu sta sodu comu na campana;                     Lui sta sodo come una campana;

Santu pri l'arma! mentri ch'è distrattu, (3)     perbacco! mentre ch’è distratto,

Na burra ci farria di bona gana.                        una burla gli farei ben volentiieri.

 

Lu saccuni è ad un ramu;  e ancora intattu      Il saccone è ad un ramo; e ancora intatto

C'è lu pani e lu vinu; zittu, zittu,                        c’è il pane e il vino; zitto, zitto,

Ca vaju e ci l'aggranciu, gattu, gattu.                 ci vado e glielo aggranfio, come un gatto.

 

Ma lu cani ! lu cani ‘mmalidittu                         Ma il cane! il cane maledetto

Guarda ora lu saccuni ed ora a mia;                 guarda ora il saccone ed ora me;

Forsi à comprisu chiddu c'àiu dittu?                forse ha compreso quello che ho detto?

Titiru:                                                                    Titiru:

Quant'invidia mi fai, beatu tia!                         Quanta invidia mi fai, beato te!

Pasturi, a cui li vogghi e li pinzeri                   Pastore, a cui le voglie e i pensieri

Nun spiranu, chi scherzi ed alligria.                non spirano, che scherzi ed allegria.

 

Lu celu ti li guardi tutti interi;                           Il cielo te li guardi tutti interi;

Ma 'un burlarti d' Amuri, li soi dardi               ma non burlarti d’Amuri, i suoi dardi

Quantu tardi sù chiù, su chiù severi.               quanto più tardi sono, più sono severi.

 

Cumpatisci l'amanti, usa riguardi;                    Compatisci gli amanti, usa riguardi;

Via, sedi all'umbra, mentri chi d’intornu        via, siedi all’ombra, mentre che d’intorno

Regna lu suli, e tuttu brucia ed ardi.               regna il sole, e tutto brucia ed arde.

 

Vidi, comu li pecuri ritornu                                 Vedi, come le pecore ritorno

Fannu a li macchi, e li viteddi e vacchi            fanno alle macchie, e i vitellie e vacche

Mettinu all'umbra l'unu e l'autru cornu.       mettono all’ombra l’uno e l’altro corno.

 

L'oceddi ‘ntra li gaji posanu stracchi;              Gli uccelli tra le siepi posano stanchi;

Sulu s'esponnu a li cucenti arduri                   solo si espongono ai cocenti ardori

Li friddi serpi cu li spogghi a scacchi.              le fredde serpi con la pelle a scacchi.

 

Sedi cà sutta st'arvulu, o pasturi;                 Siedi qua sotto l’albero, o pastore;

Eccu chi Tirsi la sampugna agguanta;(4)     ecco che Tirsi la sampogna  agguanta;

Senti lu cantu chi ci ditta Amuri.                  senti il canto che gli detta Amore.        

Silvanu:                                                            Silvano:

Oh ! c’àju gustu...                                           Oh!  ci ho gusto…

Titiru:                                                                  Titiro:

Zittu, ca già canta.                                     Zitto, che già canta.

 

1)      Sfrattatina – calpestio di fratte.

2)      Secondo il mito, Atteone,  nel corso di una battuta di caccia,  sorprese Diana mentre faceva il bagno insieme alle sue compagne all'ombra della selva Gargafia. Il caldo estivo aveva indotto la Dea a riporre le vesti e a rinfrescarsi. Diana, per impedire al cacciatore di proferir parola intorno a quello che aveva visto, trasformò il giovane in un cervo spruzzandogli dell'acqua sul viso. Atteone si accorse della sua trasformazione solo quando scappando giunse a una fonte, dove poté specchiarsi nell'acqua. Intanto il cacciatore venne raggiunto dalla muta dei suoi 50 cani, resi furiosi da Artemide, che, non riconoscendolo, sbranarono il loro padrone. I cani, una volta divorato Atteone, si misero alla ricerca del loro padrone per tutta la foresta, riempiendola di dolorosi lamenti.

3)      Santu pri l'arma! – santo per l’anima! Esclamazione somigliante ad un – Perbacco!

4)      Sampogna – zampogna -  si intende spesso il flauto a canne di Pan.

 

TIRSI canta

1

Già sutta di la fàuci                                        Già sotto la falce

Cadinu li lavuri;  (1)                                        cadono le messi; (1)

Li gregni  a li chianuri (2)                              le gregne  alle pianure  (2)                          

Eccu di cà e di ddà                                         ecco di qua e di là.

 

La cicaledda rauca                                        La cicaletta rauca

Tra l'àrvuli e li spichi,                                   tra  gli alberi e le spighe,

Cu lu so zichi zichi                                        con il suo zichi zichi

N'annunzia l'està.                                        ci annunzia l'estate.

2

Scurri lu voi ntra l'arii (3)                           Scorre il bue nelle aie (3)

Da chista parti a chidda,                            da questa parte a quella,

E lu frumentu sgridda                                e il frumento salta 

Sutta lu pedi so.                                           sotto il suo piede.

 

Li juculani ‘mmàttiti  (4)                          I giocosi ammattiti  (4)

Sprannùzzanu la pagghia,                       spandono  la paglia,

Chi lu tridenti scagghia,                          che il tridente scaglia,

Quantu chiù in àutu pò.                          quanto più in alto può.

3

Lu ciumi è tantu poviru,                        Il fiume è tanto povero,

Chi trova sempri intoppi,                     che trova sempre intoppi,

E cu pitruddi e sgroppi                          e con pietruzze  e sterpi

Si metti a tu pri tu.                                  si mette a tu per tu.

 

La pasturedda scàusa,                          La pastorella  scalza,

Cugghiuta sinu a cinta,                       raccolta (la veste) sino alla cinta,

Ci bazzica nastinta,                              ci cammina baldanzosa, 

Senza timirlu chiù.                               senza temerlo più.

4

Li venti chiù nun ciàtanu, (5)           I venti più non fiatano,

Ne chiù lu voscu scrusci,                  ne più il bosco scroscia,

Ma movi l'ali musci                           ma muove l'ali mosce

Un zeffiru chi c'è.                               un zefiro che c'è.

 

S'infocanu li vàusi                             S'infocano le balze

Sutta l'ardenti lampa,                      sotto l'ardente lampa,

Chi scarmuscisci e allampa             che ammoscia e brucia

L'irvuzza virdi. ohimè !                      l’erbetta verde. ohimè !

5

Licori, nun ti esponiri  (6)                 Licori, non ti esporre

A lu crudili raggiu;                              al crudele raggio;

Ni pò patì ri oltraggiu                        ne può patire oltraggio

Lu biancu visu to.                               Il bianco viso tuo.

 

Sacciu pri to ricoveru                       Conosco per tuo ricovero

Un vàusu chi si spacca;                    un balzo che si spacca;

Dintra l'umbrusa ciacca                  dentro l’ombrosa apertura

Lu suli nun ci pò.                              il sole non ci può.

6

Stu cappidduzzu nzàjati               Questo cappellino prova

Frattantu di curina, (7)                 composto di curina,                   

‘Ntra ssa facciuzza fina                in questa faccina fine     

Chi spiccu chi ci fa!                        che spicco che ci fa!

 

Un mazzu di galofari                    Un mazzo di galofari

A lu sinistru latu                           al sinistro lato

Ci trovi cuncirtatu,                       ci trovi concertato,

Chi bonu assai ci sta.                   che bene assai ci sta.

7

N'avrannu certu invidia             Ne avranno certo invidia

E Tisbi ed Amarilli,(8)                e Tisbe ed Amarille,

Ma vali tu pri milli,                    ma vali tu per mille

Nun pensu ad autra chiù.         non penso ad altra più.

 

O stannu in grutti sterili,                 O stanno in grotte sterili,

O in macchi aspri e mbuscati;         o in macchie aspre e imboscate;

Sunnu pri mia beati                         sono per me beati

Ddi lochi unni si' tu.                         quei luoghi dove sei tu.

8

C'è un fonti mmenzu all'àrvuli,     C’è una fonte in mezzo gli alberi

Chi l'umbri si nutrica,                     che l’ombre nutrisce,

Quannu lu suli pica                       quando il sole  scotta

Lu friscu è tuttu ddà.                    Il fresco è tutto là.

 

Ci cadi a precipiziu                    Ci cade a precipizio

L'acqua da na scuscisa:             l’acqua di una cascata:

Strepita e poi divisa,                 strepita e poi divisa

Tra l'ervi si ni va.                       tra l’erbe se ne va.

9

Ntra ss'acqui frischi e limpidi,    In queste acque fresce e limpide,

Mmenzu a st'iimbrusi lochi        in mezzo a questi ombrosi luoghi

Anatri, fogghi  ed ochi                anatre, folaghe ed oche

Triscanu a tinghi tè.                    trescano a tutta possa.

 

Li ninfi si ci sguazzanu,                Le ninfe si ci sguazzano

Cui nata supra l'unna,                 chi nuota sopra l’onda,

Cui sbruffa, cui s'affunna,           chi sbruffa, chi s’affonda,

Cui sàuta e grida: olè!                  chi salta e grida: olè!

10

All'umbra di ddi salici,                 All’ombra di quei salici,

Umidi, virdi e lenti,                      umidi, verdi e lenti,

Fa chi l'està cuntenti                   fai che l’estate contento

leu passi a latu to.                       io passi accanto a te.

 

Dà truvirai li zefiri,                     Là troverai i zefiri,

Ch'annacanu  li cimi;                 che ondeggiano le cime;

E lu susurru esprimi                  e il sussurro esprime

Lu godimentu so.                      il godimento suo.

11

Si lu sciloccu indomitu           Se lo scilocco indomito

Cu l'alitu di focu                     con alito di fuoco

Di stu tranquillu locu             di questo tranquillo luogo

Turba l'amenità,                      turba l’amenità,

 

‘Na grutta sutta un vàusu        una grotta sotto un balzo

Sacciu, chi spunta a mari,        conosco, che spunta a mare,

Ch'invita a respirari                  che invita a respirare

Piaciri e libertà.                         piacere e libertà.

12

D'arèddara  e di chiàppari      Di edera e di capperi

‘Nvirdicanu li lati;                    verdeggiano i lati;

Dui viti ‘ncirciddati                  due viti attorcigliati

Davanti poi ci su,                     davanti poi ci sono,

 

E li sarmenti pènninu            e i sarmenti pendono

Cusì ntricati e spissi,             così intricati e spessi,

Chi pari chi 'un avissi              che pare non avesse

Nudda spiragghia chiù.          nessun spiraglio più.

13

A li soi spiaggi accostanu       Alle sue spiaggie accostano

Spissu li Dei marini.                spesso gli Dei marini.

Cu è ncoddu a li delfini,        Chi è in groppa ai delfini,

Cu è pisci pri mità.                  chi è pesce per metà.

 

Ci vennu li Nereadi (9)           Ci vengono le Nereidi  

Cu l'occhi comu stiddi;          con gli occhi come stelle;

Li vrunni  soi capiddi             i biondi loro capelli

Ad asciucarì ddà.                   ad asciugare là.

14

Fam'è,  chi ntra ssi concavi     Fama è, che tra queste concave

Maritimi ruccuni                       marittime rocce

Scupriu a Endimiuni (10)        scoprì ad Endimione

Cinzia lu focu so.                      Cinthia il fuoco suo.

 

Mentri pri chiù sbamparici     Mentre per più accenderle

Li soi nascenti arduri,               i suoi nascenti ardori,

Ciuscia  cu l'ali Amuri,              soffia con l’ali Amore;

E attizza quantu pò.                 e attizza quanto può.

15

Forsi,  chi di la ciaccula,            Forse, che della fiaccola,

Ch'ardìu lu pettu ad idda,        che ardette il petto ad ella,

Almenu na faidda ,                    almeno una scintilla,

Fussi ristata ddà!                      fosse rimasta là!

 

E chista, speru fàrisi,               E questsa, spero farsi,

In tia sì forti e granni,             in te così forte e grande,

Chi l'amurusi affanni              che gli amorosi affanni

Poi mi cumpinzirà.                   poi mi compenserà.(11)

 

note

1)       Lavuri – sono le messi dei cereali raccolti in estate. Si dice lavuri anche un intero campo di grano.

2)       Gregne – esiste anche in italiano –  spighe  raccolte in mucchi e spesso legate per essere trasportate nell’aia; qualcosa di ben più specifico rispetto ai covoni che possono essere anche di paglia o fieno.

3)       Buoi o cavalli erano utilizzati per la pesa, sotto i loro zoccoli le spighe delle gregne, poste nell’aia,  si sgranavano e il frumento saltava  (sgridda come salta un grillo). Un contadino al cenrtro curava di far girare intorno i buoi o i cavalli legati a gioghi. Altri contadini poi intervenivano con tridenti per sollevare la paglia che i venticelli pomeridiani portavano più in là, mentre il grano pesante cadeva vicino.

4)       Riguardo a juculani ,mmattiti, lo stesso Meli appose una nota a questo verso per dire che voleva riferirsi a quei venticelli freschi che soffiano d’estate dalle parti di Greco (una precisa zona del palermitano).

5)       I forti venti primaverili non fiatano, solo i giocosi ‘mmattiti e zefiro nella calura estiva.

6)      Licori, nome di una ninfa a cui Tirsi si rivolge.

7)      Curina – fogli bianche del cesto del cerfuglione, garzuolo grumo.

8)      Tisbi ed Amarilli – cita i nomi di altre due ninfe.

9)      Nereidi figlie di Nereo e della Oceanina Doride – rappresentate come fanciulle con i capelli ornati di perle, e a cavallo di delfini o cavalli marini – faceva parte del corteo del dio Poseidone.

10)   In questo riferimento al mito di Edmione e Selene (la Dea Diana) – il Meli usa il nome di Cinzia - Cynthia (soprannome, che era dato per antonomasia alla dea Artemide in quanto era onorata sul monte Cinzio, nell'isola di Delo). È anche abbastanza evidente il riferimento a Properzio e alle sue elegie.  È molto probabile che il Meli conoscesse l’opera del Compositore A. Scarlatti – Edmione e Cintia  - Riportiamo il brano di un video https://www.youtube.com/watch?v=Rrx8RnNzNmo

11)      La grotta descritta da Meli, secondo una nota di Edoardo Alfano, trovasi  nella spiaggia tra Terrasini e Cinisi; ma nei dintorni, già diceva lo stesso Alfano, non si trovano più i sarmenti delle viti.  Il poeta soleva recarsi in quei luoghi per godere della frescura del mare, e nei paraggi c’era una grossa pietra detta anche il sedile di Meli.  Oggi nelle vicinanze,  i comuni di Terrasini e Cinisi,  hanno posto una stele di pietra con incisi alcuni versi del poeta.

Immagine – Atteone e Diana da cronache di colori. In riferimento al verso di Meli:

 Chi 'un pensi di Atteuni a lu maceddu?(2)       Che non pensi di Atteone al macello?

LA BUCOLICA di G. Meli INDICE PARTI

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