sabato 29 maggio 2021

Il punto di vista sul bene e il male

 

XXXIV - LI VIRMUZZI 

Sulla relatività del bene e del male,

Giovanni Meli, forse non a caso,

 fa parlare due vermi. 

L’interesse proprio, spesso,  

dipinge fatti e cose;  

così  il bene e il male 

diventano un punto di vista.


                                               




LI VIRMUZZI                                                          I VERMETTI

 

L'intressu propriu pinci a nui l'oggetti          L’interesse proprio dipinge a noi gli oggetti

Ora boni ora pessimi, a secunna                    ora buoni ora pessimi, a secondo

Di unni a guardarli qualcunu si metti.           di dove a guardarli qualcuno si mette.

L'esperienza di sti fatti abbunna;                    L’esperienza di questi fatti abbonda;

Tra li tanti lu Vecchiu vi cunsigna (1)             tra i tanti il Vecchio vi consegna (1)

Dui virmuzzi tra un filu di gramigna.               due vermetti tra un filo di gramigna.

 

L'unu spia: “Cullega, chi si dici?”                      Uno domanda: “Collega, che si dice?”

Rispunni l'autru: “Guai! C'è mali novi!            Risponde l’altro: “Guai! Ci sono cattive novità!

Liberu è già lu campu a li nimici                       Libero è già il campo ai nemici

Pri fari supra nui crudili provi:                          per fare sopra di noi crudeli prove:

Vennu li feri agneddi a devorari                      vengono i feroci agnelli a divorare

St'ervi, e nui chi ci semu ad abitari.”               quest’erbe e noi che ci stiamo ad abitare.”

 

Ripigghia chiddu: “E li benefatturi                  Ripiglia quello: “E i benefattori

Lupi, benigni lupi, ni lassaru?                          lupi, benigni lupi, ci lasciarono?

Su’ stati di l'agneddi lu terruri,                        Sono stati degli agnelli il terrore,

Vigghiannu  sempri pri nostru riparu:            vegliando sempre per nostro riparo:

Per iddi ancora intatta si conserva                  per essi ancora intatta si conserva

La nostra vita, ch'è affidata all'erva.”                la nostra vita, ch’è affidata all’erba.”

 

“Ahimé!” l'autru esclamau, “ahimé! li cani     “Ahimè!” l’altro esclamò, “ahimè! Li cani

E li pasturi armati ed a munseddu                      e i pastori armati ed insieme

L'assautaru anchi dintra di li tani,                       l’assltarono anche dentro le tane,

E ni ficiru orribili maceddu.                                e ne fecero orribile macello.

Li barbari tripudiu ni fannu,                               I barbari tripudio ne fanno,

Chiancemu in iddi nui lu propriu dannu.”          piangiamo in essi noi il proprio danno.”

 

Nota

1)      Riferimento al Vecchio incontrato dal poeta di cui parla nella Prefazione.

Immagine da   pecore al pascolo


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 il romanzo "L'Abate Meli" di Luigi Natoli
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E in Appendice  tante poesie di Giovanni Meli con testo italiano a fronte a cura di Francesco Zaffuto. 
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venerdì 21 maggio 2021

Alla larga dai cortigiani

 


Pronti a cambiare colore 

e casacca; 

di cortigiani 

ce ne sono sempre tanti.


Ecco la Favola di Giovanni Meli

XXXIII - LU LEBBRU E LU CAMALEONTI




LU LEBBRU E LU CAMALEONTI                        LA LEPRE E IL CAMALEONTE

 

Dissi lu lebbru a lu camaleonti: (1)                      Disse la lepre al camaleonte:

“Tu mi pari un complessu di portenti;               “Tu mi sembri un complesso di portenti;

Quanti voti ti guardu, tu ti appronti                    quante volte ti guardo e tu ti mostri

Di aspettu e di culuri differenti;                           di aspetto e di colore differente;

Ed ultra poi di chistu, ancora sentu                     ed oltre poi di questo, ancora sento

Chi ti alimenti d'aria e di ventu.”(2)                      che ti alimenti di aria e di vento.” (2)

 

Rispusi: “Pri castigu fui da Giovi                          Rispose: “Per castigo fui da Giove

Canciatu da lu primu aspettu umanu,                cambiato dal primo aspetto umano,

Pirchì pri ambizioni tali provi                              perché per ambizione tali prove

Cu l'impiegu facìa di corteggianu.” (3)               le facevo con l’impiego di cortigiano”. (3)

Ripigghia l'autru: “Cercati l'eguali                        Ripiglia l’altro: “Cerca i tuoi uguali

Dunca tra l'anticàmmari e li sali.”(4)                     dunque tra le anticamere e le sale.” (4)

 

Note

1)      Lebbru= sta per maschio della lepre

2)      Un po’ come dire che non fai alcun lavoro o mestiere per sostenere la tua condizione

sociale. Il camalonte sta immobile in attesa che passa qualche insetto.

3)      Rivela il modo camaleontico (capace di mutare atteggiamenti e nascondere il pensiero)

del suo fare il cortigiano. Questo modo di fare era particolarmente odiato

dal Meli che, se pur costretto dalla vita a fare buon viso a qualche potente, non accettava

l’atteggiamento succube e disonesto e voleva dire quello che pensava.

Non è un caso che Meli il dialogo lo costruisce tra il camaleonte e la lepre; la lepre è un

animale pauroso che fugge quando sente pericolo, ma non cambia la sua veste.

4)      Con questa battuta finale la Lepre dice espressamente che non vuole avere rapporti con

il camaleonte.

 

Immagine da


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martedì 18 maggio 2021

La castitati

 




Epigramma di Giovanni Meli sulla castità

INDICE EPIGRAMMI GIOVANNI MELI

La  castitati                                             La castità

 

Santa onestà, m’inchinu e mi sprofunnu            Santa onestà mi inchino e mi sprofondo

Vinirannu li toi liggi incurrutti;                           venerando le tue leggi incorrotte;

Pri tia d’ussequiu e di rispettu abbunnu;              per te d’ossequio e di rispetto abbondo;

Gran gioia, ch’in rispettu vinci a tutti;                 grande gioia, che in rispetto vince a tutti;

Li beddi, senza tia, beddi nun sunnu;                  i belli, senza te, belli non sono;

Cunfessu chi dai pregiu anchi a li brutti;            confesso che dai pregio anche ai brutti;

Ma stannu cu tia, speddi lu munnu,                     ma stando con te, finisce il mondo,

Né si po riparari si ‘un si ama.                             né si può riparare se  non si ama. (1)

 

1 Il tono vagamente ironico sostiene tutto l’epigramma e la conclusione “ama” finale

 intende  riferirsi all’amore fisico; pur con tutto rispetto per quello spirituale.


INDICE EPIGRAMMI GIOVANNI MELI


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venerdì 14 maggio 2021

C’è chi perde il pelo ma non il vizio

 









Se portate  pietosa commiserazione 

verso un malandrino,  

fate attenzione …. volpi e lupi

perdono il pelo ma non il vizio.

31° Favola Morale di Giovanni Meli

XXXI - LA SIGNA E LA VULPI   



LA SIGNA E LA VULPI - LA SCIMMIA E LA VOLPE


 Vi scrivu e vi presentu tali e quali                          Vi scrivo e vi presento tale e quale

Lu dialogu, comu era distisu                                   il dialogo, come era disteso

Dintra lu camulutu originali, (1)                             dentro il rovinato originale (1)

Traduttu da lu Vecchiu. È assai concisu                 tradotto dal Vecchio. E’ assai conciso

Pirch’è traduzioni litterali;                                      perché è traduzione letterale;

Di lu miu nenti affattu c'aju misu;                          di me niente affatto ci ho messo;

Tali, com'era, da mia si cunsigna:                          tale, com’era, da me si consegna:

Vi prevengu chi primu parra signa.                        vi prevengo che primo parla la scimmia.

 

“Cummàri comu stati?”  “Ih! tinta assai!”                “Comare come state?” “ Ih! Male assai!”

“Dativi cura.”  “E chi? St'infirmitati                          “Datevi cura.” “E che? Quest’infermità

È d'una specii, ch' 'un si cura mai.”                           è di una specie che non si cura mai.”

“E pirchì?”  “Pirch’è mali di l'etati.                           “E perché?” “Perché è il male dell’età.

 

 Pribbiru'! Pocu fa minni addunai                              Per vero! Poco fa me ne accorsi

Chi avivu tutti li cianchi spilati. (2)                           che avevo tutti i fianchi distrutti. (2)

E chist’è nenti, ci sunn'autri' guai.”                           E questo e niente ci sono altri guai.”

“Quali sù?”  “Sugnu modda pri mitati”. (3)            “Quali sono?” “Sono intorpidita per metà”. (3)

 

“Mischina! chianciu sta vostra muddura.”(4)          “Poverina! Piango questa vostra difficoltà! (4)

“Vogghiu a l'oricchia pri stu bonu offiziu,                “Voglio all’orecchia per questo buon ufficio,

Darti un rigordu. Accostati addrittura.”                     darti un ricordo. Accostati ben vicino.”

“Ah! tu muzzichi! ahi ahi!”  Metti giudiziu:             “Ah! tu mordi! ahi ahi!”  Metti giudiziu:

vulpi e lupi nun cancianu natura,                               volpi e lupi non cambiano natura,

lu pilu pirdirannu e no lu viziu.                                  il pelo perderanno e non il vizio.

 

Note

1)      Del libro camulato, libro rovinato tal tarlo (camula). Meli ne aveva parlato nella prefazione

e a questo qui si richiama, anche per la traduzione che va facendo il Vecchio saggio.

2)      Chi avivu tutti li cianchi spilati. Spilatu, letteralmente vuol dire senza peli; ma nel parlare

siciliano quando si dice di un arto o di una parte del copro, può voler dire slogato,

rovinato per una particolare distensione dolorosa dei muscoli.

3)      Modda = letteralmente morbida. Sentirsi moddu, significa sentirsi senza energia vitale,

una particolare fiacchezza per malessere fisico anche grave.

4)      Moddura qui è usato solo per riprendere il concetto espresso nel precedente verso.

 

Immagine scimmia da    -     Immagine volpe rossa da 

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