sabato 21 aprile 2018

Lu tempiu di la fortuna





Lu tempiu di la fortuna
è una delle lunghe poesie di Giovanni Meli che lo stesso poeta volle inserire tra le satire per il suo linguaggio forte e sferzante.
In tante poesie il Meli si sofferma sul capriccioso posarsi della fortuna per premiare inetti e avidi, mentre il merito e la fatica umana vengono spesso privati di un giusto riconoscimento.



Lu tempiu di la fortuna                                      Il tempio della fortuna

Era la notti e luceva la luna,                                 Era la notte e luceva la luna,
Quannu ntisi na vuci a la strasatta :                   quando udii una voce  insapettatamente
“Guarda, chiddu è lu tempiu di fortuna            “Guarda, quello è il tempio della fortuna

Vidi ddi genti misi a la rigatta,                               Vedi quelle genti messi a gara,
Chi vannu pri un caminu disastrusu,                    che vanno per un cammino  disastroso
Unni appena ci rampica na gatta ?                       dove appena ci si arrampica una gatta?

Su chiddi chi cu cori generusu                                 Sono quelli che con cuore generoso
Cridinu a forza di fatiga e stentu,                           credono che a forza di fatica e stenti,
Cu lu meritu so fari pirtusu.                                    con il loro merito possono bucare . (1)

Ma è difficili tantu stu cimentu,                             Ma è difficile tanto questo cimento,
Chi cui ci prova ci appizza lu strazzu,                     che chi ci prova  ci perde la vita,  (2)
O zappa all'acqua e simina a lu ventu.                  o zappa all’acqua e semina al vento. (2bis)

Ora un legali ci pigghia un stramazzu,                     Ora un avvocato ci piglia una caduta,
Ora cadi un filosofu e sturdisci;                                 ora cade un filosofo e stordisce;
Ora un poeta si sdillòca un vrazzu.                           ora un poeta si sloga un braccio.

Non ostanti, la chiurma sempri crisci,                  Nonostante, la ciurma sempre cresce,
E per unu chi cadi, nàutri centu                             e per uno che cade, altri cento
Vannu sciamannu pri li mura lisci.                         vanno sciamando per i muri lisci. (3)

Ma tutti indarnu perdinu  lu stentu,                       Ma tutti invano perdono la fatica,
Chi c'è un muru di brunzu accussì forti,                 perché c’è un muro di bronzo così forte,
Chi un s'apri, chi pri via d'incantamentu,              che non s’apre, che per via d’incantesimo.

Ed è : si un beccu cu li corna torti                           E così è :  se un beccu con le corna ritorte
Truzza  un pilastru, o un asinu quacìja,                 colpisce un pilastro, o un asino calcitra,
Cala lu ponti e s'aprinu li porti;                               cala il ponte e si aprono le porte;

Nèscinu ad incontrarli pri la via                             escono a incontrarli per la via
Quattru dunzelli cu li vrazza aperti,                      quattro donzelle con le braccia aperte,              
Facènnuci gran festa ed alligria;                            facendo a loro gran festa ed allegria;

La prima è donna Cabala, e cuverti                       la prima è donna Cabala, e  coperte
Teni sutta lu mantu li ghiummina,                        sotto il manto i ghiummini, (4)
Chi intriccia cu li so jidita esperti.                         che intreccia con le sue dita esperte.

L'àutra si chiama Frodi, è na damina                    L’altra si chiama Frode, è una damina
Saggia,  mudesta e tutta rispittusa,                      saggia, modesta e tutta rispettosa
Ma joca suttamanu na virrina.                              ma gioca di nascosto un punteruolo. (5)

La terza è la crudili e sanguinusa                       La terza è la crudele e sanguinosa
Ippocrisia, chi dici avirmarìi                                 Ipocrisia, che dice avemarie
Cu coddu tortu e cu cera picchiusa.                 Con il collo storto e con cera piagnucolosa.

La quarta è tutta modi e mmittarii                         La quarta è tutta modi e vezzi
Madamusella l'Adulazioni,                                       madamigella l’Adulazione
Chi muta sempri divisi e livrii,                                  che cambia sempre divise e livree,

Porta cun idda na pruvisioni                                    porta con se una provisione
Di viltati e spurcizii, e quannu occurri                    di viltà e sporcizie, e quando occorre
Li simìna e raccogghi cosi boni.                               li semina e raccoglie cose buone;

‘Mmenzu di chisti arrivanu a na turri,                   in mezzo  a queste arrivano a una torre, (6)
Sonanu un cornu, ed eccu leggiu e spicciu           suonano un corno, ed ecco leggero e veloce    
Un fraschittuni  a tuttu ciatu curri.                      un giovanetto a perdifiato accorre.

Chistu veni chiamatu lu Capricciu,                       Questo viene chiamato il Capriccio,
Nun avi menti né  liggi né  fidi,                              non ha cervello né legge né fede,
Ma è spusu di la Sorti stu schimicciu;                ma è sposo della Sorte questo arrogantello;

In chi l'ai pri la testa, in chi lu vidi                                ora l’hai per la testa, ora lo vedi
Sbutatu pri la cuda, in chi si allagna,                          voltato per la coda, ora è arrogante,
In chi t'ammutta,  in chi ti abbrazza e ridi,                ora ti spinge, ora ti abbraccia e ride,

Nun avi dirittu, è comu la lasagna,                              non sta dritto, è come una lasagna,
E ci aviti a concediri pri forza,                                      e gli dovete concedere per forza,
Chi l'acqua asciuca e chi lu suli vagna.                     che l’acqua asciuga e che il sole bagna (7)

‘Mmatula  Euclidi a pruvari si sforza                            Invano Euclide a provare si sforza
Chi tutti l'anguli avi aviri uguali                                     che tutti gli angoli deve avere uguali
Ogni triangulu a dui retti a forza.                                  ogni triangolo su due rette  per forza.
                                                             
‘Ntra sti paisi la ragiuni 'un vali,                                   In questi paesi la ragione non vale,
E supra tuttu è contrabbannu granni                         e soprattutto è contrabbando grande
‘Na muddichedda minima di sali.                                una briciola minima di sale.

Pirchì si su squadati  chi a sti banni                     Si sono insospettiti  perché a queste contrade
Spissu ci porta la necessitati                                      spesso ci porta per necessità
Genti di garbu, finti varvajanni,                                 gente di garbo, finti barbagianni, (8)

Si ni vinìanu un tempu mascherati                            se ne venivano un tempo mascherati,
Di cabala, di frodi, o ippocrisia,                                 di cabala, di frode, o ipocrisia,
Pr'essiri ammissi tra li dignitati.                                per essere ammessi tra i dignitari.

Ora l'occhi su’  aperti e 'un si trizzia,                        Ora gli occhi sono aperti e non si scherza,
Ma si ci fa un sterliniu  rigurusu                                     ma si fa un esame rigoroso
A cu s'accogghi ntra la frusteria.                                    a chi si accoglie nella foresteria.

Pirchì sannu chi l'omu gererusu                                     Perché sanno che l’uomo generoso
Nun reggi a longu tra l'avvilimentu,                              non regge a lungo tra gli avvilimenti,
Comu lu sceccu ch'è pacinziusu,                                    come l’asino che è paziente,

Perciò misi in gurgiolu  ed a cimentu,                       perciò messi in crogiuolo e a cimento
Su cunzignati a lu Capricciu, ed iddu                         sono consegnati al Capriccio, e lui
Nun li fa stari mancu un'ura abbentu.                       non li fa stare manco un’ora  in riposo.

Ci sàuta a la gruppa, comu un griddu ;                       Gli salta in groppa, come un grillo
Di poi ci metti un gran sirviziali                                   dopo ci fa un clistere
D'acqua annivata, jissu e focu friddu.                        di acqua gelata, gesso e fuoco infernale

E pri pruvari si su’  veri armali,                                    E per provare se sono veri animali
Ci carrica la varda sinu in testa,                                  gli carica il basto sino alla testa,
E poi li caccia a corpa di vracali.                                  e poi gli infila a colpi le brachiere (9)

Finalmenti cu pompa manifesta                              Finalmente in pompa manifesta
Ci appènninu a don Cicciu tra la gula,                   gli appendono  a Don Ciccio per  la gola (10)
Jènnuli cunnucennu in gioia e festa.                     andandoli conducendo in gioia e in festa.

Chistu è lu tempu in cui l'oru si cula,                       Questo è il tempo in cui l’oro si cola,
Cusì ntra stu paisi si fa prova                                     così in questo paese si fa prova
Di un veru beccu e di un figghiu di mula.                di un vero caprone e di un figlio di mula.

Doppu ch'ànnu suffertu e tacci  e chiova              Dopo che hanno sofferto per chiodi (11)
E càuci e sputazzati e timpuluni                              e calci e sputi e schiaffoni
Trasinu poi ntra na superba arcova.                       entrano poi in una superba alcova.


Riluci tutta di insigni e bastuni,                               Riluce tutta di insegne e scettri,
Di toghi e mitri e laurei dutturali,                           di toghe e mitrie e lauree dottorali,
D'oru di gemmi e dinari abbuluni.                          d’oro di gemme e denari a volontà.

Si ci mettinu dda dui para d'ali :                                Si ci mettono là due paia d’ali:
Portentu chi lu fa la sula Sorti                                   portento che lo fa solo la Sorti 
Di sollevari sta razza d'armali.                                   di sollevari sta razza d’animali.

C'è abbreviata supra di li porti                                  C’è abbreviata sopra delle porte
A littri d'oru un grandi li S… ed un T…                     a lettere d’oro una grande S ed un T
Chi vennu interpretati di sta sorti:                        che vengono intrerpretati in questo modo:

Sceccu in vulgari si dici Sté -  Sté,                               asino in volgare si dice Sté – Sté,
Termini chi dinota nubiltà,                                          termine che denota nobiltà,
Veni da lu spagnolu Ombres Osté.                            Viene dallo spagnolo Ombres Ostè. (12)

In effettu cui  metti un pedi cca,                                In effetti chi mette il piede qua,
Fussi poviru, vili e miserabili,                                     fosse povero, vile e miserabile,
Riccu di bottu e nobili si fa.                                        ricco di botto e nobile si fa

Anzi, (oh purtentu, ed oh cosa ammirabili!),          Anzi, (oh portento e cosa ammirabile!)
Subitu chi cca trasi un Ciucciu o un Beccu           subito chi qua entra un Ciuccio o un Caprone
Diventa sapienti e rispettabili.                                   diventa sapiente e rispettabile

Nun c'è omu dottu, a cui nun metta peccu        Non c’e uomo dotto, a cui non metta difetto
Ma supra tuttu pri li soi disigni                                ma soprattutto per i suoi disegni
Mitati è Pappagaddu e mità Sceccu.                      per metà è Pappagallo e metà Asino.

La sorti intantu affirrata a li grigni                          La sorte intanto attaccata alle criniere
Di sti besti, chi su lu so consolu,                             di queste bestie, che sono la sua consolazione,
Tra un lettu di ingiustizij e cosi indigni,                  in un letto di ingiustizie e cose indegne
Cu li scecchi si sta ntra lu linzolu.“                     con gli asini se ne sta dentro il lenzuolo."

1 fari pirtusu – modo di dire per:  fare un buco –  bucare – fare fortuna.
2 appizza lu strazzu – perdere lo straccio – perdere la pelle – perdere la vita.  2bis zappa all'acqua e simina a lu ventu – zappare nell’acqua e seminare nel vento – e un modo di dire siciliano di darsi da fare inutilmente – anche contro le forze del fato.
3 Vannu sciamannu – andare a sciame come gli insetti.
4 ghiummina – it. ghiummini - legnetti usati per  lavorare fili e intrecciare cordicelle
5 suttamanu na virrina – nascosta e a portata di mano un punteruolo o succhiello per servirsene all’occorrenza.
6 ‘Mmenzu di chisti – in mezzo alle quattro donzelle il Becco e l’Asino arrivano alla torre.
7 Chi l'acqua asciuca e chi lu suli vagna – dire che l’acqua asciuga e che il sole bagna è un modo di dire per affermare l’assurdo e per assecondare i testardi e gli arroganti.
8 Genti di garbu, finti varvajanni, - gente perbene sono costretti per necessità a fingersi barbagianni per incontrare un po’ di fortuna, fingono di credere nella cabala si piegano alla corruzione e all’ipocrisia.
9 vracali = brachiere-  fasciature di ferro o di cuoio per sostenere gli intestini. Per provare che sono animali la gente di garbo viene sottoposta a sevizie.
10 Ci appènninu a don Cicciu tra la gula – per gogna e scherno  gli appendono sul collo un’opera  satirica, il riferimento  di Meli è alla “Cicceide” di Giovanni Francesco Lazzarelli opera satirica in 410 sonetti  del 1600 http://it.wikipedia.org/wiki/Cicceide
11 tacci  e chiova;  taccia = bulletta = chiodo corto a capocchia larga; chiova sta per chiodi.
12 Meli  gioca con i suoni S e T, fino al suono di Stè usato per richiamare l’asino e poi passa per gioco a un presunto spagnolismo di  Ombres Ostè – richiamando il suono di  hombres  usted – uomini voi .


La traduzione in italiano e le note qui riportate sono a cura di Francesco Zaffuto
L'immagine è un'antica foto del Tempio romano di Palestrina dedicato alla Dea Fortuna.  

tre libri su Giovanni Meli

L'ORIGINI DI LU MUNNU -  Poema ironico sull’origine del mondo di Giovanni Meli  l'Abate - In Siciliano e traduzione in Italiano a fronte - Nella originale edizione del 1814 curata dallo stesso Poeta, con le ottave postume ritrovate da Agostino Gallo, con tutte le note filosofiche dello stesso Giovanni Meli, con le note di traduzione delle più difficili parole siciliane, con le note biografiche su Meli e su come nacque questa straordinaria opera, con un disegno di Giove creatore di Dafne Zaffuto - € 12,00 pag. 150 ordinabile tramite   I BUONI CUGINI EDITORI

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 il romanzo "L'Abate Meli" di Luigi Natoli
"Giovanni Meli – Studio critico" di Luigi Natoli
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mercoledì 21 marzo 2018

Li Lupi - (sull'eccesso di mangiare carne)


Due lupi discutono sul proprio cibo e su quello degli uomini; parlano della loro
necessità di sbranare agnelli,  confutano agli uomini la facoltà di cibarsi di 
carne, esaminano la teoria degli onnivori che si basa sulla diversa tipologia di 
denti, e arrivano a una domanda finale che può essere utile proporre agli uomini.
Questo lungo componimento poetico  Meli lo pubblicò tra i Capitoli nella prima
edizione delle Opere nel 1787, nell’edizione del 1814 lo inserì tra le favole 
morali, con l’ordine di LXIII.  
Qui la versione originale in siciliano di Meli come nella edizione del 1814 – con
una traduzione letterale in italiano e note di Francesco Zaffuto.


LI LUPI                                                                         I LUPI

A tempu chi l'armali discurrevanu,                         Al tempo che gli animali discutevano,
Dui Lupi, 'ntra ‘na grutta 'ncrafucchiati ,                due lupi dentro una grotta nascosti,
‘Nzemmula sti discursi si facevanu:                        insieme questi discorsi facevano:

Nui semu veramenti diffamati:                               “Noi siamo veramente diffamati:
Cui ni voli lu sangu e cui la peddi;                          chi di noi vuole il sangue e chi la pelle;
'Nzumma semu dui testi abbanniati.                        insomma siamo due teste bandite.

Facemu straggi, è veru, di l'agneddi,                       Facciamo strage, è vero, degli agnelli,
Ma ch’avemu a muriri di miciaci?                           ma che abbiamo da morire di fame?
S 'un manciamu, pri nui lu munnu speddi.(1)         Se non mangiamo, per noi il mondo finisce.

Manciati, nni dirannu, oriu e spinaci;                     Manciate, ci diranno, orzo e spinaci;
Chisti 'un sù nostru pastu, e chi curpamu?            questi non sono nostro pasto, che colpa abbiamo?
L'à fattu la Natura, vi dispiaci?                               L’ha fatto la Natura, vi dispiace?

Dispiacitivi d'Idda, nui ch'entramu?                         Dispiacetevi di Lei, noi che c’entriamo?
Si ccà c’è culpa, è sua; lu nostru coriu                     Se qua c’è colpa, è sua; la nostra vita
Nui cu fari li latri arrisicamu.                                   noi con il fare i ladri rischiamo.

Si nni putissi alimintari l'oriu,                                  Se ci potessimo alimentare di orzo,
O avissimu lu commodu di jiri                                 o avessimo il comodo di andare
A sonu di campana a rifittoriu,                                 a suono di campana al refettorio,

In chistu casu sì, si purria diri,                                 in questo caso sì, si potrebbe dire,
Vidennunni ammazzari  un animali,                        vedendoci ammazzare un animale,
Oh li mostri, chi fannu inorridiri!                             oh i mostri, che fanno inorridire!

Stu casu, non in nui, ma tali quali                            Questo caso, non in noi, ma tale quale
Nell'omu si verifica appuntinu,                                nell’uomo si verifica per l’appunto,
Nell'omu chi si vanta razionali.                                nell’uomo che si vanta razionale.

Prodighi la Natura e lu Distinu                                 Prodighi la Natura e il Destino
L'abbundaru di menzi pri campari:                          l’abbondarono di mezzi per campare:
Ervi, frutti, simenzi, ed ogghiu e vinu;                    erbe, frutti, semenze, ed olio e vino;

Puru chisti nun ponnu sodisfari                                eppure questi non possono soddisfare
L'intempetanza sua: lu sceleratu                               l’intemperanza sua: lo scellerato
Autru nun fa che ocidiri e squartari.                         altro non fa che uccidere e squartare.

Doppu chi ad una Vacca ci à sucatu                         Dopo che ad una vacca gli succhiato
Tantu tempu lu latti, poi la scanna:                           tanto tempo il latte, poi la scanna:
Chista è la ricompensa di st'ingtatu!                         questa è la ricompensa di questo ingrato!

Lu voi, chi in so serviziu si affanna,                         Il bue, che in suo servizio si affanna,
E l'agevula tantu, poi pri paga                                   e l’agevola tanto, poi per paga
Da l'omu a lu maceddu si cundanna!                        dall’uomo al macello si condanna!

Né stu crudili e barbaru  si appaga                            Né questo crudele e barbaro si appaga
Di la simplici morti; né cuntenti                                della semplice morte; né contento
Resta si prima 'un ci fa vozzu o chiaga:(2)                resta se prima non ci fa bernoccolo o piaga; 

Comu sunnu ddi belli complimenti,                          come sono quei belli complimenti,
Privannulu di attivu e di passivu,                              privandolo di attivo e di passivo,
Pri cui resta a la specii indifferenti; (3)                     per cui resta alla specie indifferente; 

O chidd'autru d'esponirlu anchi vivu,                        o quell’altro d’esporlo anche vivo,
Ad essiri di cani laceratu,                                          ad essere dai cani lacerato,
Chi ci pari un spettaculu giulivu; (4)                         che gli sembra uno spettacolo giulivo; 

E si lu godi supra d'un sticcatu,                                e se lo gode sopra di uno steccato,
E si cumpiaci di li lamintusi                                     e si compiace delle lamentose
Grida di chidd'armali turmintatu.                              grida di quell’animale tormentato.

                      Né l'oceddi 'ntra l'aria vennu esclusi                         Né gli uccelli dell’aria vengono esclusi
Di l'esegranna  sua gula; nemmeno                           dall’esecranda sua gola; nemmeno
L'abitaturi di li campi undusi: (5)                              gli abitatori dei campi ondosi: (5)

‘Nzumma, quantu viventi lu tirrenu,                          Insomma, quanto in vivente terreno,
L'aria e l'acqua producinu, sù pastu                           l’aria e l’acqua producono, sono pasto
Di l'omu, o sù li soi vittimi almenu.                          dell’uomo, o sono le sue vittime almeno.

E pri nun degradari lu so fastu                                   E per non degradare il suo fasto
Cu la taccia di barbaru, decidi  (6)                             con la nomea di barbaro, decide 
Chi sù machini, e d'arma 'un ànnu rastu.                 che sono macchine, e di anima non hanno segno.

Ma lu puntu 'un sta ddocu; sta, si cridi,                     Ma il punto non sta qui; sta, se crede,
Chi nun àjanu sensu; 'ntra stu casu                            che non abbiano senso; in questo caso
A li soi sensi proprii nun dà fidi;                               ai suoi sensi propri non dà fede;

Ed è insensatu, o tavuluni rasu,(7)                             ed è insensato, o grande idiota,
Iddu lu primu, quannu nun rifletti                             lui il primo, quando non riflette
Chi l'animali ànn’occhi, vucca e nasu,                      che gli animali hanno occhi, bocca e naso,

E chi chisti sù l'organi perfetti                                  e questi sono gli organi perfetti
Di lu sensu, e pri propria esperienza                         del senso, e per propria esperienza
Divi pruvari in sé li stissi effetti,                               deve provare in sé gli stessi effetti.

E si fa qualchi picciula avvirtenza                             e si fa qualche piccola avvertenza
A li convulsioni e a li lamenti                                   alle convulsioni e ai lamenti
D’un armali chi soffri violenza,                                di un animale che soffre violenza,

Div’esseri convintu interamenti,                               deve essere convinto interamente,
Chi lu sensu 'un è sua privata doti,                            che il senso non è sua privata dote,
Ma ch'è comuni a tutti li viventi.                               ma che è comune a tutti i viventi.

Nun bastanu pertantu li rimoti (8)                             Non bastano pertanto i remoti 
Pretesti pr’ammazzarinni  qualch’unu,                     pretesti per ammazzarne qualcuno,
Ma motivi pressanti e a tutti noti.                             ma motivi pressanti e a tutti noti.

Lu nostru sulu casu è l'opportunu,                           Il nostro solo caso è l’opportuno,
Chi ‘un avennu autri menzi pri campari                  che non avendo altri mezzi per campare
Senza straggi muremu di dijunu.                             senza stragi muoriamo di digiuno.

Lu propriu individuu conservari                              Il proprio individuo conservare
È prima liggi; né avemu autru mensu                      è la prima legge; né abbiamo altro mezzo
Pri putiri la vita sustintari.                                       per potere la vita sostenere.

L'omu, chi sempri adùla e duna incensu                 L’uomo, che sempre adora e dà incenso
Sulu a se stissu, vistu chi nun spunta                      solo a se stesso, visto che non spunta
Lu pretestu, chi l'autri 'un ànnu sensu,                    il pretesto, che gli altri non hanno senso,

N'à truvatu unu novu: osserva e cunta                    ne ha trovato uno nuovo: osserva e conta
Li denti di l'armali, si sù fatti                                  i denti degli animali, se sono fatti
A pala, o puru a chiovu cu la punta,                       a pala, oppure a chiodo con la punta, 

Decidi: chi li denti larghi e chiatti                          decide: che i denti larghi e piatti
distinati a manciar’ervi e frutti,                         sono destinati a mangiare erbe e frutti,
E li puntuti a li carni adatti;                                e i puntosi sono alle carni adatti;

Dipoi conchiudi chi li specii tutti                            dopo conclude che i tipi di tutti
Di denti immaginabili l'àv’iddu,                             i denti immaginabili li ha lui,
Perciò l'onnipossibili s'agghiutti.                            perciò ogni possibile s’inghiotte.

Facennucci anchi bonu stu so griddu,(9)                Facendogli anche buono questo suo grillo,
Pri cui si cridi in drittu di manciari                         per cui  si crede in diritto di magiare
A crepapanza di chistu e di chiddu,                        a crepapancia di questo e di quello,

Nun pò l'abusu mai giustificari                               non può l’abuso mai giustificare
Di li carni, giacchì 'ntra tanti denti                          delle carni, giacché tra tanti denti
Quattru suli scagghiuni pò cuntari;                         quattro soli canini può contare;

Quattru si ponnu diri o picca o nenti                       quattro si possono dire o pochi o niente
tra trenta, o trentadui, chi n'àvi in vucca,                tra trenta, o trentadue, che ne ha in bocca,
O chiatti o di figura differenti.                                o piatti o di figura differente.

Cu quali drittu dunca scanna e ammucca               Con quale diritto dunque scanna e imbocca
Quanti armali ci sù? Sta consequenza                    quanti animali ci sono? Questa conseguenza
Da li principii soi certu nun sbucca.                        dai i principi suoi certo non sbocca.

E si mai pò vantari ‘na dispenza                             E se mai può vantare una dispensa
Di carni, in forza di li denti a punta,                       di carni, in forza dei denti a punta,
La quantitati è parca e non immenza.                     la quantità è parca e non immensa.

Chi quattru a trentadui giustu ci spunta,                 Che quattro a trentadue ci spunta
Com'unu all'ottu, pirchì in trentadui                       come uno all’otto, perché in trentadue
Ottu voti lu quattru si cci cunta;                              otto volte il quattro si ci conta.

Perciò la carni nun trasi a lu chiui,                         Perciò la carne non entra al più,
'Ntra li soi cibi, chi in ottava parti;                         nei suoi cibi, che in ottava parte;
Pirchì dunqui ni mancia chiù di nui?                      perché dunque ne mancia più di noi?

Pirchì arriva a manciarisi li quarti                           Perché arriva a mangiarsi i quarti
Di la sua propria specii?... Passu passu,                  della sua specie?” … “Passo, passo,
L'autru ripigghia, 'un smuvemu sti carti:                 - l’altro ripiglia – non smuoviamo queste carte:
L'omu è dui voti lupu, e ccà ti lassu.(10)                 l’uomo è due volte lupo, e qua ti lascio.”

Note
1)      Pri nui lu munnu speddi, per noi il mondo finisce. Constatazione in siciliano sulla
fine del mondo che si assimila alla fine della propria vita.

2)      Fa vozzu o chiaga, bernoccolo o piaga. Come dire l’intenzione di recargli poco o anche molto
danno.
3)      Il riferimento qui è alla castrazione dei vitelli che saranno resi buoi.
4)      Combattimenti tra cani e tori (bull – baiting) erano organizzati come spettacolo, nel Medioevo
in Inghilterra venivano organizzati in villaggi e città,  Joseph Strutt – Sports and Pastmes. Per
questa pratica venne selezionata la specie canina dei bulldog. Tale pratica continuò in Gran
Bretagna fino al 1835 e venne eliminata dal Parlamento con il  Cruelty to Animals Act
5)      L’esecranda (riprovevole) gola non risparmia uccelli e pesci.
6)      La taccia (chiodo dalla testa grossa) qui viene usata come cattiva nomea. E per questo decide che gli animali sono macchine non hanno un’anima e capacità sensibile.
7)      Tavuluni rasu – tavola senza nulla, modo di dire siciliano per definire un idiota, un
grande ignorante.
8)      Remoti, come oscuri pretesti. Raffronto tra: da una parte gli oscuri pretesti dell’uomo e
dall’altra la pressante necessità dei lupi.
9)      Questo grillo, questa sua idea.
10)  Perche arriva l’uomo a mangiarsi anche quello che spetta agli altri uomini? L’essere lupo dell’uomo nel suo vivere sociale diventa la domanda conclusiva. Interviene alla fine l’altro lupo che era rimasto ad ascoltare dicendo:  passo, passo (una cosa alla volta) non smuoviamo queste carte (non andiamo ad aprire il capitolo del suo vivere sociale), l’uomo è due volte lupo: una volta per gli animali e una volta per gli altri uomini.

INDICE FAVOLE MORALI 


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L'ORIGINI DI LU MUNNU -  Poema ironico sull’origine del mondo di Giovanni Meli  l'Abate - In Siciliano e traduzione in Italiano a fronte - Nella originale edizione del 1814 curata dallo stesso Poeta, con le ottave postume ritrovate da Agostino Gallo, con tutte le note filosofiche dello stesso Giovanni Meli, con le note di traduzione delle più difficili parole siciliane, con le note biografiche su Meli e su come nacque questa straordinaria opera, con un disegno di Giove creatore di Dafne Zaffuto - € 12,00 pag. 150 ordinabile tramite   I BUONI CUGINI EDITORI

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