Gli uccelli dell’Abate Meli
L’aquila è la regina ma il piccolo regolo la
batte, il gufo si crede un gran cantante, il merlo spesso fa la parte del
saggio e le allodole sono un po’ sciocchine, il grosso struzzo non può volare e
invidia l’aquila ma all’amor proprio non vuole rinunciare.
Sono tanti gli uccelli delle Favole dell’Abate
Meli e portano con sé pregi e difetti degli uomini; dal razzismo dei corvi neri all’adulazione
del pappagallo, dalla saggia pazienza del tordo alle chiacchiere dannose delle
cornacchie; ci sono uomini usignolo che amano l’arte e uomini che preferiscono
il raglio dell’asino.
Qui sono raccolte le favole morali dove
il Meli parla espressamente di uccelli.
Per chi non ha dimestichezza con il siciliano
e per i siciliani che hanno dimenticato tanti antichi modi di dire viene
disposta una traduzione in italiano a fronte;
non una traduzione poetica, solo letterale per dare un aiuto, il lettore
potrà ritornare agevolmente sul verso di Meli per sentirne la sonorità. Qualche
nota aggiuntiva è stata posta con un richiamo per i passi più controversi. Sono stati evitati esegesi e commenti molto
lunghi perché la poesia va goduta senza eccessi di preordinate interpretazioni.
Per la traduzione in italiano si è
fatto riferimento: alle note dell’edizione del 1814; al dizionario delle voci oscure che l’editore
Roberti di Palermo inserì in calce alla edizione delle poesie di Meli del
1838; in qualche caso al dizionario del
Mortillaro, e infine a qualche mia antica memoria di siciliano; per qualche
errore di traduzione mi assumo la colpa per il piacere della lettura
ringraziate Meli.
Francesco Zaffuto
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