martedì 24 maggio 2016

L'Aceddi

Gli uccelli dell’Abate Meli

L’aquila è la regina ma il piccolo regolo la batte, il gufo si crede un gran cantante, il merlo spesso fa la parte del saggio e le allodole sono un po’ sciocchine, il grosso struzzo non può volare e invidia l’aquila ma all’amor proprio non vuole rinunciare.
 Sono tanti gli uccelli delle Favole dell’Abate Meli e portano con sé pregi e difetti degli uomini;  dal razzismo dei corvi neri all’adulazione del pappagallo, dalla saggia pazienza del tordo alle chiacchiere dannose delle cornacchie; ci sono uomini usignolo che amano l’arte e uomini che preferiscono il raglio dell’asino.  
Qui sono raccolte le favole morali dove il Meli parla espressamente di uccelli.
 Per chi non ha dimestichezza con il siciliano e per i siciliani che hanno dimenticato tanti antichi modi di dire viene disposta una traduzione in italiano a fronte;  non una traduzione poetica, solo letterale per dare un aiuto, il lettore potrà ritornare agevolmente sul verso di Meli per sentirne la sonorità. Qualche nota aggiuntiva è stata posta con un richiamo per i passi più controversi.  Sono stati evitati esegesi e commenti molto lunghi perché la poesia va goduta senza eccessi di preordinate interpretazioni.
Per la traduzione in italiano si è fatto riferimento: alle note dell’edizione del 1814;  al dizionario delle voci oscure che l’editore Roberti di Palermo inserì in calce alla edizione delle poesie di Meli del 1838;  in qualche caso al dizionario del Mortillaro, e infine a qualche mia antica memoria di siciliano; per qualche errore di traduzione mi assumo la colpa per il piacere della lettura ringraziate Meli.
Francesco Zaffuto

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