domenica 18 dicembre 2016
un incredibile regalo di Natale
Volete fare o farvi un regalo per Natale:
piccolo, che non costi molto (€ 10), originale, introvabile,
colto, che insegna una qualche morale in questa società immorale, poetico, e
soprattutto divertente
E allora in libreria o subito dalla stessa casa editrice
L’Aceddi dell’Abate Meli
le due illustrazioni del libro di Dafne Zaffuto
giovedì 10 novembre 2016
L’Abate Meli,affascinato dalla bellezza femminile
segnalazione da Sicilia informazioni
Pochi poeti hanno saputo cantare la bellezza delle donne come
l’abate Meli. Ne hanno saputo esaltare la grazia delle forme, il fascino del
portamento, la leggiadria dello spirito con sobria e seducente leggerezza,
tipica dell’Arcadia, ma anche con soffusa sensualità che anticipa movimenti
letterari di là da venire.
A Giovanni Meli e ai suoi componimenti lirici in omaggio
all’avvenenza femminile l’Università degli Studi di Palermo ha dedicato il
primo volumetto, “Nel serra serra dei capelli. L’amore in un manipolo di Odi”,
edito da Plumelia, di una collana, “La poesia, sulla poesia”, che intende dare
risalto alle voci poetiche legate all’Ateneo del capoluogo. …
Continua a leggere l’articolo di Antonino Cangemi su
immagine "The Toilet of Venus" Konstantin Makovsky – olio su tela
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domenica 10 luglio 2016
La Vucca - ode di Meli musicata da Francesco Paolo Frontini
LA VUCCA La Bocca
1
Ssi capiddi e biunni trizzi Questi capelli e bionde trecce
Su jardini di biddizzi, sono giardino di bellezze
Cussì vaghi, cussì rari, così vaghi, così rari,
Chi li pari – nun cci su. che paragoni non ci sono.
Ma la vucca cu li fini Ma la bocca con i suoi fini
Soi dintuzzi alabastrini, piccoli denti alabastrini,
Trizzi d’oru, chi abbagghiati, trecce d’oro, che abbagliate,
Perdonati – è bedda cchiù. perdonate è bella ancor di più.
2
Nun lu negu amati gigghia, Non lo nego amate ciglia,
Siti beddi a maravigghia; siete belle a meraviglia,
Siti beddi a signu tali, siete belle e segno tale,
Chi l’uguali – nun cci sù. che uguali non ci sono.
Ma la vucca ‘nzuccarata Ma la bocca inzuccherata
Quannu parra, quannu ciata, quando parla, quando fiata,
Gigghia beddi, gigghia amati, ciglia belle, ciglia amate,
Perdonati – è bedda cchiù. perdonate, è bella di più.
3
Occhi in vui fa pompa Amuri Occhi, in voi fa pompa Amore
Di l’immensu so valuri, dell’immenso suo valore,
Vostri moti, vostri sguardi vostri moti, vostri sguardi
Ciammi e dardi – d’iddu sù. fiamme e dardi di lui sono.
Ma la vucca quannu duci Ma la bocca, quando dolce
S’apri, e modula la vuci, s’apre e modula lavoce,
Occhi… ah vui mi taliati!... Occhi, a voi mi guardate!
Pirdunati, un parru cchiù. Perdonate, non parlo più.
Il video è stato collegato da youtube - grazie al paziente lavoro d’inserimento di un appassionato
della musica di Frontini come Pietro Rizzo.
"La vucca",da Eco della sicilia - Cinquanta Canti
popolari siciliani con interpretazione italiana raccolti e trascritti, Ricordi
- Milano - 1883.
parole di Giovanni Meli, musica di Frontini, voce di Cinzia Caminiti, madolini di Paolo Capodanno e Gianni Nicotra, chitarre di Michele Gagliano e Massimo Genovese
parole di Giovanni Meli, musica di Frontini, voce di Cinzia Caminiti, madolini di Paolo Capodanno e Gianni Nicotra, chitarre di Michele Gagliano e Massimo Genovese
Un’altra ode di Meli musicata
da Frontini ed inserita in questo blog è Lu labbru
tre libri su Giovanni Meli
L'ORIGINI DI LU MUNNU - Poema ironico sull’origine del mondo di Giovanni Meli l'Abate - In Siciliano e traduzione in Italiano a fronte - Nella originale edizione del 1814 curata dallo stesso Poeta, con le ottave postume ritrovate da Agostino Gallo, con tutte le note filosofiche dello stesso Giovanni Meli, con le note di traduzione delle più difficili parole siciliane, con le note biografiche su Meli e su come nacque questa straordinaria opera, con un disegno di Giove creatore di Dafne Zaffuto - € 12,00 pag. 150 ordinabile tramite I BUONI CUGINI EDITORI
In occasione del bicentenario di Giovanni Meli 1815 – 2015 - In un solo volume:
il romanzo "L'Abate Meli" di Luigi Natoli
"Giovanni Meli – Studio critico" di Luigi Natoli
tutte le poesie che Luigi Natoli inserì nel trattato "Musa siciliana".
E in Appendice tante poesie di Giovanni Meli con testo italiano a fronte a cura di Francesco Zaffuto.
Il volume di 730 pagine al prezzo di € 25,00 – può essere richiesto alla casa editrice
al prezzo scontato di € 21,30 - qui sotto il link per l’ordinazione
L’ACEDDI
il libro con le favole di Giovanni Meli sugli uccelli – poesie siciliane con traduzione in italiano a fronte di Francesco Zaffuto - pag. 103 - € 10,00 - ordinabile direttamente alla casa editrice al
giovedì 26 maggio 2016
Aceddi o Oceddi
disegno grafico di Dafne Zaffuto
Aceddi o Oceddi
Gli uccelli in siciliano si possono
chiamare in tutti e due i modi: oceddi o aceddi. L’uso più comune oggi nel
siciliano parlato è “aceddi” – e per questo abbiamo scelto “L’Aceddi” come
titolo della raccolta.
Nel siciliano di fine settecento di
Giovanni Meli potete trovare anche: oceddi e oceddu al singolare.
Gli aceddi di Meli nelle favole sono
tanti:
l’aquila = l’aquila
il regolo comune = lu riiddu
la rondine = la rindina
il picchio rosso maggiore = l’oceddu lingua longa
le lodole capellate = li cucucciuti
il maschio della cutrettola = lu
pispisuni
l’usignolo = lu rusignolu
il nibbio = lu nigghiu
il gufo = lu jacobu
la civetta = la cucca
il merlo = lu merru
i corvi = li corvi
le cornacchie = li ciàuli
il tordo = lu turdu
i pettirossi = li pettirussi
la gru = lu groi (maschio della gru)
il pappagallo = lu pappagaddu
e poi lo struzzo = lu struzzu (grande
pollastro che certo non vola)
Spesso Meli usa in siciliano il nome
in maschile di diversi animali che in italiano sono conosciuti solo al
femminile, tipo: lu pispisuni che è il
maschio della cutrettola, lu groi che è il maschio della gru, ed altri. Nella
traduzione in italiano, ove non abbiamo trovato un possibile equivalente
al maschile, abbiamo lasciato quella di Meli.
libro con le favole di Meli sugli uccelli – poesie siciliane con traduzione in
italiano a fronte - pag. 103, è ordinabile direttamente alla casa editrice al link
martedì 24 maggio 2016
L'Aceddi
Gli uccelli dell’Abate Meli
L’aquila è la regina ma il piccolo regolo la
batte, il gufo si crede un gran cantante, il merlo spesso fa la parte del
saggio e le allodole sono un po’ sciocchine, il grosso struzzo non può volare e
invidia l’aquila ma all’amor proprio non vuole rinunciare.
Sono tanti gli uccelli delle Favole dell’Abate
Meli e portano con sé pregi e difetti degli uomini; dal razzismo dei corvi neri all’adulazione
del pappagallo, dalla saggia pazienza del tordo alle chiacchiere dannose delle
cornacchie; ci sono uomini usignolo che amano l’arte e uomini che preferiscono
il raglio dell’asino.
Qui sono raccolte le favole morali dove
il Meli parla espressamente di uccelli.
Per chi non ha dimestichezza con il siciliano
e per i siciliani che hanno dimenticato tanti antichi modi di dire viene
disposta una traduzione in italiano a fronte;
non una traduzione poetica, solo letterale per dare un aiuto, il lettore
potrà ritornare agevolmente sul verso di Meli per sentirne la sonorità. Qualche
nota aggiuntiva è stata posta con un richiamo per i passi più controversi. Sono stati evitati esegesi e commenti molto
lunghi perché la poesia va goduta senza eccessi di preordinate interpretazioni.
Per la traduzione in italiano si è
fatto riferimento: alle note dell’edizione del 1814; al dizionario delle voci oscure che l’editore
Roberti di Palermo inserì in calce alla edizione delle poesie di Meli del
1838; in qualche caso al dizionario del
Mortillaro, e infine a qualche mia antica memoria di siciliano; per qualche
errore di traduzione mi assumo la colpa per il piacere della lettura
ringraziate Meli.
Francesco Zaffuto
il libro di pag. 103, è ordinabile direttamente alla casa editrice al link
o tramite IBS al link
venerdì 20 maggio 2016
arrivaru l'aceddi
L’Aceddi
L’Aceddi
L’Aceddi
L’Aceddi
L’Aceddi
L’Aceddi
L’Aceddi
L’Aceddi
L’Aceddi
L’Aceddi
Arrivanu L’Aceddi
E iu sugnu lu Re
Tutte le poesie che Giovanni Meli scrisse sugli uccelli nelle sue Favole Morali - con
una traduzione in italiano a fronte e note di Francesco Zaffuto –
illustrazione di Dafne Zaffuto.
Un mondo colorato e svolazzante che strappa un sorriso ironico e che insegna qualche morale valida ancora oggi.
Una eccellente riproposizione della grande poesia di Meli grazie alla casa editrice I Buoni Cugini editori –
Un mondo colorato e svolazzante che strappa un sorriso ironico e che insegna qualche morale valida ancora oggi.
Una eccellente riproposizione della grande poesia di Meli grazie alla casa editrice I Buoni Cugini editori –
il libro di pag. 103, è ordinabile direttamente alla casa editrice al link
o tramite IBS al link
mercoledì 2 marzo 2016
La Cicala
LA CICALA
Ode di Meli (la XXIX)
- L’ode alla cicala non fu inserita da Meli nelle “Favole morali”; l’ode non vuole rappresentare una indicazione per un comportamento morale
è qualcosa di più: è la scelta esistenziale di vita fatta dallo stesso Meli. La cicala rappresenta la scelta di Meli di essere poeta. Le formiche (uomini) criticano coloro che si sono dedicati alla poesia, li considerano sfaticati e li
minacciano di miseria. Meli mette in bocca alla cicala un inno alla vita da
vivere come un dono; i mezzi messi da parte possono essere utili per passare
l’inverno, ma il canto della poesia va oltre la morte.
Qui il testo come nella edizione del 1814 – con a fianco una
traduzione letterale di Francesco Zaffuto – Questa Ode, insieme a tante altre
poesie, è stata inserita nel libro recentemente edito “L’Abate Meli” di Luigi
Natoli – Nota in fondo al post.
LA CICALA
Cicaledda tu ti
assetti Cicaletta
tu ti siedi
Supra un ramu la matina, sopra un ramo la
mattina,
Una pampina ti metti una foglia di
vite ti metti
A la testa pri curtina alla testa per tendina
E dda passi la jurnata e là passi la
giornata
A cantari sfacinnata. (1) a cantare
sfaccendata. (1)
Te felici! Oh quanto
à datu Te
felice! Oh quanto ha dato
A tia prodiga Natura! a te prodiga
Natura!
Dintr’a l’umili tò statu Dentro l’umile
tuo stato
D’ogni insidia sì
sicura, d’ogni insidia sei sicura;
Né a la paci tua si opponi né alla pace tua si
oppone
Lu disiu, l’ambizioni. il desiderio,
l’ambizione.
Benchì picciula sì
tantu, Benché piccola sei tanto,
Ti fai granni, e quasi immenza ti fai grande e quasi
immensa
Propagannu cu lu cantu propagando con
il canto
La tua fragili esistenza, la tua fragile
esistenza,
E o si allarghi, o si rannicchi e o si distenda, o si
rannicchi,
Ti avi ogn’unu ‘ntra l'oricchi. ti ha ognuno dentro le
orecchie.
A tia cedinu
l'oceddi A te cedono gli uccelli
Di l'està li forti vampi, (2) dell’estate le
forti fiamme, (2)
E li grati vinticeddi e i
grati venticelli
Pri rigina di li campi come
regina dei campi
Ti salutanu giulivi, ti
salutano giulivi,
Pirchì tu li campi avvivi. perché tu i campi
ravvivi .
Quannu è Febu a lu
miriu, (3) Quando
Febo è a mezzogiorno,(3)
Li toi noti sù a lu stancu le tue note
sono allo stanco
Passaggeri di arricrìu: passeggero
di ristoro:
Posa all'umbri lu sò ciancu, posa all’ombra il suo
fianco
E a lu sonu di tua vuci e al suono
della tua voce
Si addurmisci duci duci. si addormenta
dolcemente.
‘Ntra li Musi fusti
ascritta, Tra le Muse fosti ascritta,
È nutizia avuta in fonti, è notizia
certa per la fonte,
Induvina cui l'à ditta ? indovina chi
l’ha detta?
Cui ? Lu stissu Anacreonti,(4) Chi? Lo stesso Anacreonte, (4)
Chi fra tanti a tia si ammira che fra tanti a te
si ispira
Pri suggettu di sua lira. per il
soggetto della sua lira.
Dissi ancora, ch'ai
d'argentu Disse
anche che hai d’argento
L'ali e testa di rubinu, l’ali e la
testa di rubino,
Ch'ai rugiada in nutrimentu, che hai rugiada in
nutrimento,
Di gentili corpu e finu, di gentile corpo e fine,
Senza carni e senza sangu senza carne e
senza sangue
Di li Dei quasi a lu rangu; degli Dei quasi
al rango;
E chi spissu
all'umbra grata e che spesso all’ombra grata
Di li toi vuschitti chiusi, dei tuoi
boschetti chiusi,
Pri sintìri na cantata per
sentire una cantata,
Scinni Apollu cu li Musi, scende Apollo con le Muse,
E chi all'arsu mitituri e che
all’arso mietitore
La stanchizza tu minuri. la stanchezza
tu diminuisci.
Si lu geniu di stu saggiu, Se il genio di questo saggio,
Chi li grazii e lu briu che le
grazie e il brio
Appi in propriu ritaggiu, ebbe come
proprio retaggio,
Tanti pregi in tia scupriu, tanti pregi in te
scoprì,
Chi t'importa si ridicula che
t’importa se ridicola
Poi ti sparra la furmicula ? (5) poi ti sparla la
formica? (5)
Sì, lu sacciu e mi fa
bili Sì, lo so e mi fa bile
Lu sintiri susurrari il
sentire sussurrare
Chi stu inzettu pricchiu e vili, che questo insetto
spilorcio e vile,
Chi s'ammazza a
cumulari, che
si ammazza ad accumulare,
Ti rimprovira e ti accusa ti
rimprovera e ti accusa
E di sciocca e di lagnusa.
(6) e
di sciocca e di sfaticata (6).
Cui non sa, chi un
cori avaru Chi non sa che un
cuore avaro
Sempri è chiusu a li piaciri ? sempre è chiuso
ai piaceri?
“Canta, dici, ch'eu preparu “Canta, dice,
ch’io preparo
Pri lu tempu da viniri, per
il tempo da venire,
‘Na risposta ‘ntra
l'internu una risposta
nell’interno
Ti la cantu ‘ntra
l'invernu. te la canto nell’inverno.
Quannu allura da lu
celu Quando allora dal cielo
Cadirannu muschi vranchi, cadranno mosche
bianche (fiocchi di neve),
Pri la fami e pri lu jelu per la fame e per il gelo
Sclamirai : - moru li cianchì , (7) esclamerai: - muoio li
fianchi, (7)
Lu miu stomacu è a lanterna! - il mio stomaco è a
lanterna (vuoto)!-
Va, dirrò, cà 'un è taverna. Vattene, dirò, qui
non è una taverna.
Giacchì tu ti sì
spassata Giacché tu te la sei spassata
‘Ntra l'estati cu cantari, nell’estate
col cantare,
Spassati ora l’invirnata spassati
ora l’invernata
‘Ntra lu friddu cu ballari, nel freddo a
ballare,
A dijunu ‘ntra sti valli a digiuno
in queste valli
Si' chiù leggia e megghiu balli !” sei più leggera e meglio
balli!”
A st'avara
sconuscenti A quest’avara
sconoscente
Ci pòi diri : “si la vita ci puoi
dire: “ se la vita
Si misura da li stenti si
misura dagli stenti
Tenitilla, e sia infinita, tienitela
e sia infinita,
Ne crid'iu si possa dari non credo io si possa dare
Cui ti l'àja a invidiari. chi te
l’abbia a invidiare.
Si però la vita è un
donu, Se però la vita è un dono,
Chi a gudirlu datu sia, che a goderlo dato sia,
leu gustannu lu so bonu io
gustando il suo buono
Di li Musi in cumpagnia, con le
Muse in compagnia,
Àju campatu, e ardisciu diri : ho vissuto, e
ardisco dire:
Tutta, mai purrò muriri. “ (8) tutta , mai
potrò morire!” (8)
note
1 Senza faccende in ozio
2 Gli uccelli nel momento più caldo
della giornata estiva tacciono e cedono il passo al canto della cicala.
3 Riferimento classico a Febo (Apollo)
che guida il carro del sole.
4 Il riferimento al poeta greco
Anacreonte, spesso usato dal Meli, è
congeniale alla sua poetica dell’Arcadia https://it.wikipedia.org/wiki/Anacreonte
5 Ecco che ora il poeta capovolge i termini della nota favola “la
cicala e la formica” . La Fontaine http://www.paroledautore.net/fiabe/classiche/lafontaine/cicalafontaine.htm
aveva concluso facendo prevalere la morale della formica
risparmiatrice, ma il Meli è per la cicala e identifica se stesso con la
cicala.
6 Lagnusa:
che non ha voglia di lavorare
7 ohi i miei fianchi, vale per sto
morendo
8 Nella edizione del 1814, curata dallo stesso Meli, a quest’ultimo verso fu apposta la nota * Non omnis moriar – il riferimento ad Orazio
è evidente - Da Orazio
tre libri su Giovanni Meli
L'ORIGINI DI LU MUNNU - Poema ironico sull’origine del mondo di Giovanni Meli l'Abate - In Siciliano e traduzione in Italiano a fronte - Nella originale edizione del 1814 curata dallo stesso Poeta, con le ottave postume ritrovate da Agostino Gallo, con tutte le note filosofiche dello stesso Giovanni Meli, con le note di traduzione delle più difficili parole siciliane, con le note biografiche su Meli e su come nacque questa straordinaria opera, con un disegno di Giove creatore di Dafne Zaffuto - € 12,00 pag. 150 ordinabile tramite I BUONI CUGINI EDITORI
In occasione del bicentenario di Giovanni Meli 1815 – 2015 - In un solo volume:
il romanzo "L'Abate Meli" di Luigi Natoli
"Giovanni Meli – Studio critico" di Luigi Natoli
tutte le poesie che Luigi Natoli inserì nel trattato "Musa siciliana".
E in Appendice tante poesie di Giovanni Meli con testo italiano a fronte a cura di Francesco Zaffuto.
Il volume di 730 pagine al prezzo di € 25,00 – può essere richiesto alla casa editrice
al prezzo scontato di € 21,30 - qui sotto il link per l’ordinazione
L’ACEDDI
il libro con le favole di Giovanni Meli sugli uccelli – poesie siciliane con traduzione in italiano a fronte di Francesco Zaffuto - pag. 103 - € 10,00 - ordinabile direttamente alla casa editrice al
domenica 14 febbraio 2016
Cianchi e … moru li cianchi
Cianchi e …
moru li cianchi
Appunti di siciliano da Giovanni Meli
moru li cianchi
- letteralmente: muoio i fianchi – usato nel significato di: sto morendo (staiu
muriennu) – mi cedono i fianchi - sto in piedi a mala pena per la debolezza.
Usato anche in certe espressioni esagerate che vogliono rappresentare uno star male.
Il cia di cianchi può essere
pronunciato in modo leggermente scivolato in gola ifschia
Espressione usata da Giovanni
Meli nell’Ode – La Cicala
Pri la fami e pri lu jelu per la fame
e per il gelo
Sclamirai : - moru li cianchi
…. esclamerai: -
muoio li fianchi …
Il dizionario di Mortillaro
riporta anche l’espressione cusutu a li cianchi – cucito ai fianchi –
una specie di molto aderente – usato per definire una persona che ti sta sempre
addosso e di cui vorresti liberarti.
Altra espressione siciliana
associata a fianchi è per l’eccesso del ridere – pri li risati nni ficimu li
cianchi, – come dire
che ci dolevano i fianchi per il troppo ridere.
Tra i proverbi siciliani si può trovare: “ Cu' avi amuri a lu cori
avi li spiruna a li cianchi” - Chi ha amore nel cuore è
come avere gli speroni piantati ai fianchi
Si ringraziano tutti coloro che vogliono
collaborare ad ampliare la ricerca di significato con commenti. Francesco
Zaffuto
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